domenica 25 luglio 2010

Il vedere le lingue in modo diverso, di Michael Shaughnessy

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in lingua inglese dal Dr. Michael Shaughnessy su boingboing.

Tradotto da me. 

 
Il Dr. Michael Shaughnessy è un professore tedesco specializzato nell'apprendimento delle lingue coadiuvato dal computer e nelle rappresentazioni visive della cultura presso il Washington & Jefferson College. È il direttore del progetto CAPL ("Culturally Authentic Pictorial Lexicon", Lessico illustrato culturalmente autentico), volto a fornire ai docenti di lingua e cultura in tutto il mondo strumenti liberi con licenza Creative Commons. 

 
Il modo in cui in cui vediamo il mondo influisce sull'uso che facciamo del linguaggio e il nostro uso del linguaggio influisce sul modo in cui vediamo il mondo. Allo stesso modo di Benjamin Whorf, gli scienziati cognitivi investigano regolarmente le connessioni nell'uso del pensiero e del linguaggio, compreso il modo in cui la percezione visiva varia da una lingua all'altra. Da quando utilizzo uno strumento visivo (autentico) per coadiuvare l'apprendimento di una lingua straniera, la mia ricerca ha assunto un aspetto pratico rispetto ai campi comunemente impenetrabili della cognizione visiva e della psicolinguistica. Nelle prime fasi dell'apprendimento della lingua utilizzo delle fotografie per allenare il cervello non solo all'uso di parole nuove, ma al modo in cui letteralmente "vedere" nella nuova lingua. Il vedere una lingua in modo diverso inserisce quella lingua in un contesto visivo culturale di colui che apprende e rende più efficace la sua capacità di ricordare in uno stadio successivo.
Prendiamo in considerazione due aspetti del mondo visivo che forniscono dei buoni esempi di come questo influisca sulla lingua e vari tra lingue e culture: Colore e Spazio.

Colore

Al fine di evidenziare il modo in cui le percezioni del colore variano tra le culture, mi piace usare l'esempio di come categorizziamo linguisticamente certi colori. Prendiamo la gamma di colori di ciò che chiamiamo "blu" e "rosso" in inglese.
Guardando i seguenti colori, un intervistato tipico di lingua inglese li descriverà come appartenenti alla gamma di colori che chiamiamo "blu".
Blu
Al contrario, i due colori che seguono rappresentano in inglese due categorie distinte di colori, cioè "rosso" e "rosa".
Rosso e rosa
Se consideriamo altre lingue, questo stesso schema di categorizzazione non risulta chiaro. Per esempio, i blu di cui sopra in russo sono categorie di colore distinte. Il blu chiaro o scuro (CИHИЙ, siniy) è un colore diverso rispetto all'azzurro¹) (ГOЛУбOЙ, goluboy). Entrambe queste categorie di colore hanno significati propri corrispondenti, evocando a molti russi un pensiero specifico. A Mosca, sul sistema metropolitano cittadino, vi sono linee blu distinte che mi hanno aiutato finalmente a comprendere la differenza tra CИHИЙ e ГOЛУбOЙ. Presso il MIT, Winawer e altri hanno dato un'occhiata più attenta a questa materia di studio in "Russian blues reveal effects of language on color discrimination" (2007).
Per l'esempio di rosso e rosa, vi è un corrispettivo opposto in cinese. La distinzione del colore non è così prevalente poiché i colori appartengono alla stessa categoria a livello linguistico. Rosso è hóng (hóng) e rosa è fen hóng, (fen hóng) o letteralmente "rosso in polvere", una derivazione linguistica simile a "blu chiaro" in inglese. Così come in russo sono distinti i blu, così lo sono i rossi in inglese, ma in cinese questi sono linguisticamente collegati.
Lo studio di Winawer porta questo ragionamento a un ulteriore livello. Quale significato ha per la funzione del nostro cervello il modo in cui categorizziamo ciò che vediamo in modi diversi? Viene mostrato che le nozioni dei russi relative al blu influiscono sulla prestazione visiva, particolarmente sull'abilità dei fruitori della lingua di distinguere tra colori.
Si afferma che: "... i nostri risultati suggeriscono che distorsioni specifiche del linguaggio nella prestazione percettiva emergono come funzione dell'interazione tra un'elaborazione percettiva di livello inferiore e sistemi di conoscenza di livello superiore (per esempio il linguaggio)".
Questa intuizione/osservazione indica una connessione diretta tra la lingua che una persona parla e la funzionalità tra la corteccia visiva e il cervello. In altre parole, il vocabolario che si usa e il modo in cui si categorizza il mondo influiscono sulla velocità alla quale il cervello può attingere a certe informazioni attraverso i nervi ottici. Si allude inoltre al fatto che le funzioni dell'emisfero sinistro del cervello possono essere influenzate dalla percezione del linguaggio e visiva poiché questo è l'emisfero del cervello in cui è organizzata la prestazione linguistica e logica. Abbastanza interessante è il fatto che questo avviene al contrario nei bambini, poiché la percezione visiva non è ancora legata a un centro del linguaggio. Pare che i bambini vedano il colore in purezza, dal momento che ciò che vedono non viene filtrato attraverso le lenti del linguaggio. Non so cosa significhi vedere un colore "in purezza", ma la Color label wheel(Ruota di nomenclatura dei colori), a cura dei Dolores Labs, fornisce una prospettiva interessante sulle percezioni dei colori nell'ambito della lingua inglese.

Spazio

Secondo i ricercatori, in aggiunta al colore, tra le culture varia la percezione spaziale. Queste differenze nel modo in cui percepiamo lo spazio (ad esempio dimensioni, distanza, profondità e direzione, ecc.) conducono a differenze linguistiche corrispondenti manifestate nelle parole che usiamo per descrivere l'ambiente in lingue diverse. Sono queste lenti del linguaggio ad influire sul modo in cui percepiamo e sentiamo l'ambiente. Ci si immagina facilmente come una frase quale "quella è una casa spaziosa", "ci si arriva a piedi" o "si trova sulla destra" vari in significato tra le culture, ma ci sono differenze più sottili e nette nella maniera in cui percepiamo lo spazio in modo diverso. Il Max Planck Institute for Psycholinguistics presenta numerosi esempi di differenze linguistiche. Il ricercatore Steven C. Levinson presenta intuizioni interessanti e afferma che in "... molte culture (come suggerito da almeno un terzo del piccolo campione), la concezione spaziale è organizzata in un modo fondamentalmente diverso rispetto a quanto ci si aspetta sulla base delle lingue occidentali note".
Secondo Levinson, un esempio linguistico può essere trovato nella mancanza di descrittori spaziali come "davanti a", "dietro a", "a sinistra di" e "a destra di". Alcune lingue usano invece termini assoluti o direzioni cardinali "fisse", quali nord, sud, verso l'alto, verso il basso, che non sono rilevanti rispetto alla direzione di colui che parla.
Forse il fatto è che certe lingue sono meno egocentriche, linguisticamente parlando, e pongono maggiormente l'attenzione sulle direzioni cardinali. Apparentemente, l'unico contenuto universale in riferimento alla percezione spaziale pare essere la direzione "in alto", dal momento che si tratta di una funzione della gravità che noi tutti percepiamo, a prescindere dal nostro retroterra culturale o linguistico.
Geografia, cultura, e persino tecnologia danno forma al modo in cui vediamo lo spazio nel nostro mondo. In aggiunta alla differenza tra le culture, vi è un cambiamento costante all'interno delle lingue. Inoltre, non è esclusivamente una funzione di questa "lente del linguaggio"; è sia una funzione del nostro linguaggio che delle nostre esperienze. Per esempio, l'esposizione alla matematica e alla scienza influisce sul modo in cui percepiamo lo spazio.
Le seguenti figure rappresentano alcune classiche illusioni ottiche per mostrare esempi di come le culture percepiscano la lunghezza in modo diverso. Nella prima immagine, la domanda è: "quale linea centrale è più lunga?
frecce 
 Nella seconda immagine, ci si chiede se la linea blu sia più lunga di quella rossa.
linee
In entrambi i casi, le linee misurano la stessa lunghezza, il fatto di vederle di lunghezza diversa dipende solo dalla nostra percezione; un'illusione ottica. È interessante il fatto che queste illusioni ottiche siano solo percettibili a membri di "culture occidentali" tradizionali. Segall, et al., in "The influence of Culture on Visual Perception" hanno scritto, nel 1968, che la suscettibilità all'illusione ottica è, invero, un fattore culturalmente determinato. Gli esperimenti che hanno condotto giungono alla conclusione che i "campioni europei ed americani hanno risposto in maniera significativamente a favore dell'illusione ottica di quanto non abbiano fatto i campioni non occidentali".
Uso questi esempi di differenze visive tra culture per sottolineare il punto che il visivo influisce sul linguaggio, e se si utilizzano degli strumenti per insegnare una lingua, occorrerà utilizzare strumenti autentici. Molti di coloro che sviluppano software per l'apprendimento delle lingue usano immagini non autentiche, foto d'archivio, o clip art, semplicemente per problemi legati ai costi. Si può trovare una descrizione completa dei problemi legati ai modelli nei software per l'apprendimento delle lingue nel mio articolo del 2003: "CALL, commercialism and culture: inherent software design conflicts and their results", ReCALL, 2003 - Cambridge Univ. Press. Nel frattempo, continuerò a valutare il modo in cui ciò che vedo influisce su ciò che penso e sul modo in cui ciò che penso in una determinata lingua influisce su ciò che vedo.


¹[N.d.t. I termini "blu scuro", "blu chiaro" e "azzurro" in inglese si esprimono rispettivamente con le espressioni "Dark blue", "Plain blue" e "Light blue". Per questa ragione in inglese appartengono alla stessa categoria linguistica, a differenza dell'italiano che distingue il blu dall'azzurro]

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