martedì 28 luglio 2015

Meglio Google Translate oggi o un traduttore domani?

Di recente una commerciante in un paesino della Liguria mi ha raccontato di aver avuto diversi problemi con la vetrina del suo negozio. Trattandosi di un franchising, l’allestimento e i vari elementi di decoro sono imposti dalla casa madre, comprese le scritte che informano del periodo di saldi. “Alcuni turisti russi mi hanno fatto più volte presente che la scritta nella loro lingua, che doveva dire Saldi, non aveva in realtà un senso compiuto”, lamentava la signora. “Ridevano, ma non so perché. Non so certo cosa ci fosse scritto”. Dopo aver sollecitato l’azienda, nel giro di una decina di giorni sono arrivati gli adesivi corretti.

La casa madre probabilmente non si era avvalsa di un servizio di traduzioni professionale. Perché spendere soldi quando occorre tradurre una sola, semplicissima parola? L’ovvia risposta è: per essere certi che la traduzione di quell’unica parola esprima nell’altra lingua lo stesso concetto.



Ora, io non so come la parola saldi possa, se tradotta male, incidere su vendite o interesse da parte dei clienti russi che animano quella cittadina d’estate. Tuttavia, so che se avessero scritto Seldi o commesso un altro errore in italiano, la cosa mi avrebbe automaticamente trasmesso un’idea di sciatteria e scarsa qualità, accentuata soprattutto dal contrasto col marchio, di per sé molto importante e noto per il pregio dei suoi prodotti. Al contrario, se trovo un errore di traduzione su un articolo di un negozio di chincaglieria rimango molto meno colpita e magari ci rido anche su, perché mi aspetto proprio questo: scarsa qualità.

Se devi fare una cosa, falla bene oppure non farla, mi ha sempre ripetuto mia madre. Quando un’azienda definisce quali spese ha intenzione di sostenere, deve sempre valutare quanta importanza riveste la comunicazione: deve essere fatta bene o basta tentare?

Nel secondo caso Google Translate farà esattamente al caso dell'azienda se: 

1) non deve tradurre informazioni importanti, che riguardano magari un uso sicuro del prodotto;
2) non punta alla qualità.

Oppure 3) se punta a non farli entrare, i clienti stranieri.

Un’azienda per cui qualità e affidabilità sono elementi importanti deve invece prendere in considerazione l’idea di investire in una buona comunicazione, capace di veicolare le informazioni corrette al potenziale cliente. Nel caso della traduzione sbagliata in russo della parola saldi, la comunicazione si è rivelata inefficace perché inesatta, ma ancor di più perché l’errore ha forse restituito l’immagine di un’azienda che non pone sufficiente attenzione alla cura della sua clientela straniera.

Se poi consideriamo che sia stata presumibilmente sostenuta una spesa doppia per sostituire tutti gli adesivi recanti il termine sbagliato e crearne di nuovi, l'azienda avrebbe forse speso meglio il suo denaro rivolgendosi fin da subito a un traduttore professionista, anche se per un’unica parolina. O no? 

...rispose Sherloc.

martedì 21 luglio 2015

Non rimandare a domani quello che potresti fare oggi

Per un traduttore è un mantra costante e sono pronta a scommettere che sia così anche per il 99,9% degli altri liberi professionisti. Nel mio caso, ho capito che erano parole che mi si addicevano alla perfezione intorno ai 14 anni di età: mangio il boccone prelibato solo dopo le verdure, appena tornata alle 3 di notte da un viaggio di 15 ore preferisco ugualmente riordinare la valigia prima di andare a dormire… Insomma, tendo a rilassarmi solo dopo aver fatto ciò che devo, soprattutto in ambito professionale.




Quand'è che come traduttrice tendo a rimandare il lavoro o a farlo procedere con lentezza?




Succede quando ce n’è poco e lo posso spalmare su più giorni, quando ci sono più possibilità di distrazione, accuso un calo di autodisciplina e motivazione o anche soltanto quando c’è un termine per il quale no, non riesco proprio a trovare un traducente che mi soddisfi e la frustrazione prende il sopravvento.

Credo che, alla fin fine, le ragioni che portano me e chiunque altro a procrastinare sono ciò che ci rende umani. Come aggiro il problema?


  • Faccio una telefonata.

  • Imposto, ovvero: quando il lavoro sembra troppo difficile e impegnativo, cerco di dividerlo in parti. Piano piano la matassa si dipana e diventa più abbordabile. La parte più difficile è molto sovente quella iniziale, ma una volta preso il via il resto vien da sé.
  • Agisco, ovvero: aspetto di trovare la soluzione più tardi, impegnandomi nel frattempo a portare avanti il resto. Il termine ostico, ad esempio, lo lascio lì a macerare, oppure chiedo consiglio a un collega. Se la soluzione non dovesse arrivare, avrò più tempo per cercarla una volta terminato il grosso del lavoro.
  • Termino, ovvero: non mi concedo sconti anche avessi da tradurre soltanto 8mila parole in due settimane. Se seguo rigorosamente la mia tabella di marcia e nel frattempo mi viene proposto un altro progetto, avrò già svolto la maggior parte del primo.
E se dovessi finire prima?




Consegno prima! In molti sostengono che sia una brutta abitudine, perché “le agenzie e i clienti poi si abituano a tempi di lavoro diversi”. Io non sono d’accordo:

  • nel caso di un cliente diretto, per il lavoro successivo basterà mettere nuovamente in chiaro delle tempistiche giuste;

  • nel caso di un’agenzia si parla invece di altri professionisti del settore, che ben sanno quali sono le difficoltà e i tempi indicativi per lo svolgimento di un determinato lavoro. Se si riesce a consegnare in anticipo, 1) si facilita il compito dei revisori, che nella maggior parte dei casi avranno più tempo per rivedere il testo e 2) in alcune occasioni viene inviato altro materiale dello stesso progetto perché ancora da assegnare (“visto che già hai lavorato a una prima parte, avresti voglia di occuparti anche di quest’altra?”).

E voi? Ce l’avete il numero di Chuck Norris?

mercoledì 15 luglio 2015

Traduttori e postazioni di fortuna

Ieri mattina mi ha scritto un'amica e collega suggerendomi, scherzando, di creare una rubrica del blog dedicata alle postazioni improvvisate dei traduttori. Perché no?

Non so quanti abbiano voglia di partecipare a questa idea, ma intanto ecco come lei sta lavorando in questi giorni di semi-vacanza (ovvero: giorni in cui lavora, ma da casa di amici). 



A sinistra il portatile è stato portato a livello sfruttando le enciclopedie, sempre utilissime nel momento del bisogno. A destra... be', il secondo monitor si è rotto e provvisoriamente ne è stato riesumato uno di quelli preistorici con tubo catodico. 

Perché due schermi? In molti ne preferiscono due per questioni legate alla vista, ma nel suo caso non potrebbe farne a meno perché si occupa di adattamento e sottotitolaggio, perciò da una parte visualizza il filmato, dall'altra il file di lavoro.

Ah, dimenticavo: come avrete immaginato, si è trovata costretta a lavorare in piedi. "Non so se ho più male alla schiena o alle gambe, non vedo l'ora di tornare a casa", ha commentato.


martedì 7 luglio 2015

Cercate nuovi clienti? Ecco come trovarli

Oltre a diversi clienti occasionali, molti traduttori freelance hanno dei clienti fissi che si rivolgono a loro con una certa continuità e che garantiscono pertanto delle entrate mensili piuttosto regolari. Altri, un po’ per necessità e un po' per il gusto di uscire dalle pareti di casa, svolgono un secondo lavoro parallelo che prevede - so che non ci crederete, ma è così - una qualche forma di contatto con altre persone.

(Magari un'altra volta parlerò dell'innata propensione dei traduttori per le occasioni sociali e i momenti di ritrovo con altri esseri umani...)

Se non si appartiene a questa seconda categoria, ma alla prima, bisogna stare attenti e ricordarsi che il più grande errore per un libero professionista è quello di smettere di cercare clienti nuovi. La tentazione è grande, lo so, soprattutto nei periodi di lavoro più intensi, quando non si ha nemmeno il tempo di respirare. Eppure non vi sono tutele, né rapporti di amicizia o fiducia: un cliente può sempre, di punto in bianco, decidere di non avere più bisogno di noi, o di cambiare le regole del gioco, o di chiudere baracca e burattini e trasferirsi in un altro emisfero dove non avrà più bisogno dei nostri servizi. Del resto, è un suo legittimo diritto, non trovate? Anche noi, in qualità di clienti, lo sfruttiamo quotidianamente quando preferiamo comprare i pomodori da Peppino invece che da Maria, per dirne una.


Qualche consiglio?

Siate costanti. Un giorno la settimana, un'ora al mese, dieci minuti al giorno: non è importante quanto tempo ma quanto si è costanti. Io mi ci dedico un tempo indefinito che può andare dai 5 minuti alle tre ore tutti i giorni. Rispondo ad annunci, invio la mia presentazione, oppure faccio ricerche per farmi venire idee, informarmi, cercare clienti mirati.

Siate precisi. Lasciando da parte e/orrori di ortografia e affini, mi è capitato ad esempio di ricevere curriculum da parte di persone che da un lato scrivevano di avere apprezzato molto il mio sito, ma dall'altro si rivolgevano a me come se fossi un'agenzia. Quanto tempo pensate mi sia servito per capire che si trattava di un'email inviata con superficialità e in fretta? Capisco che l'obiettivo è quello di ottimizzare i tempi puntando sulla quantità, ma un messaggio mirato può essere molto, molto più efficace.

Siate concisi ed esaustivi. Per quanto mi riguarda, adoro i CV da una pagina, quelli a cui basta dare un'occhiata per capire combinazioni linguistiche di lavoro, settori di specializzazione, esperienze di maggiore rilevanza.

Mi piacciono ancora di più se contengono elementi grafici o piccoli indizi che possano suggerire che tipo di persona può averlo scritto. A un convegno sul mondo del lavoro mi aveva molto colpito quello che aveva detto un rappresentante della Manpower, nota agenzia interinale, sull'importanza di indicare i propri hobby sul CV: "Se fai l'arbitro, anche da dilettante, ciò che si percepisce subito è che sei una persona che sa seguire bene le regole e che sa prendere decisioni in fretta. Se invece giochi a pallavolo avrai di sicuro un buono spirito di squadra", e via dicendo. Non sono cose da sottovalutare, perché il fattore umano è quello che rimane più impresso.

Definite un target. Desiderate tradurre letteratura? Studiatevi una bella proposta editoriale. Preferite i saggi di argomento economico o i manuali tecnici? Meglio clienti italiani o stranieri? Cercate in rete informazioni che possano aiutarvi a definire i vostri potenziali clienti. Magari sbaglierete i primi invii, ma col tempo il settore non avrà segreti e riuscirete ad ampliare il vostro mercato.

Rendetevi visibili. È così ovvio che a volte ce ne si dimentica, ma esistono altri mezzi di comunicazione oltre all'email: potete telefonare, inviare una lettera, passare direttamente in ufficio (in questo caso magari è meglio avvisare preventivamente). Per farvi conoscere e trovare potete inoltre creare biglietti da visita, partecipare a eventi e convegni del settore, iscrivervi a forum, portali tematici, aprire un blog, creare un sito, un video blog, impegnarvi a seguire i traduttori più attivi per capire come si muovono e chi più ne ha, più ne metta. L'importante è che sia qualcosa che rientri nelle vostre corde, altrimenti la fatica si triplica.

Ovviamente questi sono i consigli che do sulla base di quello che faccio io. Voi, invece, quali consigli dareste?
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