giovedì 15 agosto 2013

Autismo in pill... video

Nel corso di una conversazione, riflettendo su educazione e scuola, su autismo e nuove forme di insegnamento (che tra l'altro è proprio ciò che tratta un corposo documento su cui sto lavorando di recente), mi sono imbattuta in una serie di video interessanti. Alcuni li conosco da tempo, altri invece si sono rivelati del tutto nuovi. Se avete voglia di dare un'occhiata secondo me potrebbe rivelarsi un "viaggio" interessante e piacevole, ché di fatto mette in evidenzia esperienze e fattori positivi. Di questi, secondo me, non ce n'è mai abbastanza.

Il primo è questo, dove questo ragazzo presenta suo nipote, autistico.



Questo è invece un video che fa parte della serie televisiva "What would you do?", che tempo fa mi ha tenuta per giorni incollata a YouTube (vengono allestiti contesti ad hoc per osservare il comportamento delle persone in determinate situazioni e spesso si riscontrano reazioni davvero particolari e molto positive).



Mi aveva lasciata esterrefatta soprattutto quel che riportano dal minuto 4:43 in poi, ovvero le parole di un certo Michael Savage, che non ha vergogna di dire cose come: "Sapete che cos'è l'autismo? Ve lo dico io: nel 99% dei casi è un moccioso a cui non hanno detto di piantarla. L'autismo è questo. Che cosa vuol dire 'urlano e stanno zitti'? Non hanno semplicemente un padre che dice loro di non comportarsi da coglioni, che così non andranno da nessuna parte, di smetterla di comportarsi da cretini, di darsi una regolata. Non statevene lì a piangere e a urlare, idioti!"

Infine, mi è stato indicato questo video meraviglioso in cui c'è lei, Temple Grandin, una donna autistica che sbaraglia del tutto qualsiasi luogo comune si possa avere su questo disturbo.


Voi la conoscevate? Io no. Così, mentre cercavo informazioni su di lei, ho scoperto che su Vimeo hanno inserito il film ispirato alla sua storia. In italiano. Lo trovate qui.

*** *** ***

L'anno scorso in molti avevano parlato di Andrea Antonello, un ragazzo autistico la cui storia è stata raccontata da Fulvio Ervas in Se ti abbraccio non aver paura. In caso, è una splendida lettura.

*** *** ***
Sono via e da qui dove sono Internet lo uso col contagocce e solo per lavoro (sigh!). 
Buon (Ferr)agosto e a settembre!


martedì 13 agosto 2013

Visita alla Spina

Si chiama Spina 3, mi avevano detto, ma io ho poi scoperto che la Spina 3 di Torino è invece tutt'altra cosa e racchiude una zona molto più vasta di quella breve e splendida stradina dove oggi, in compagnia di L. e dei suoi borbottii continui, sono andata a passeggiare.

Ci ero capitata un paio di anni fa in macchina e mi era rimasta impressa perché, senza avvisaglia alcuna, mi era sembrato di ritrovarmi d'un tratto in un paesino dentro Torino... e a me, queste città nella città, questi piccoli e diroccati e dimenticati e snobbati mondi piacciono un sacco.

Sto parlando di via Andrea Cesalpino, la strada che parte dalla stazione Madonna di Campagna per arrivare in Largo Giachino, e che è tutta così:





Facendo parte del progetto Ecomuseo di Torino, qualche cartello lungo la strada racconta la storia del quartiere dal 1834, ovvero dalla sua nascita, ad oggi, ricordando occasionalmente anche più antiche origini e quindi menzionando, ad esempio, una ormai inesistente chiesa dei Cappuccini che qui era stata eretta nella prima metà del Cinquecento. 

Così, mentre L. ripeteva perentorio: "Questa è l'ultima volta che scegli tu dove andare, da oggi si cambia registro", io mi godevo il sole e l'ombra, il silenzio, la quasi totale mancanza di persone, la vista di qualche casa diroccata, le piante - tantissime piante! - che decoravano lussureggianti balconi con le ringhiere in ferro battuto o dall'apparenza così fragile da sembrare fatti di cartapesta. Tanto, io lo so, sotto sotto, tra un borbottio e l'altro, apprezza anche lui. 


domenica 11 agosto 2013

Things We Say Wrong

Non ci posso fare nulla: per qualche ragione questo video riesce sempre a farmi ridere, anche se l'ho già guardato almeno un centinaio di volte. 




giovedì 8 agosto 2013

Wer der Grund seines Unglücks ist, beweine sich selbst*

... ovvero: chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

Ci stavo pensando stasera, a questo proverbio, e con molta, molta intensità. 

C'è che mi lamento sempre, io, di quanto sia stanca, dei miei orari assurdi, del fatto che parto per delle finte vacanze perché di fatto il mio computer e tutte le traduzioni che ho in corso mi seguono a ruota ovunque io vada. Mi lamento, mi lamento sempre. Davvero.

Però poi accade che mi arriva un progetto nuovo, con una data di consegna che si incastra perfettamente con le altre, un argomento tecnico e  impegnativo. Che faccio? Penso al mare, alle lunghe passeggiate che ho in programma, alle visite ai musei che tanto mi piacciono per un ripasso veloce, alle letture sulla Promenade, a un giro per negozi? No, niente: io mi esalto tantissimo e accetto.

Perciò sì, sono causa del mio male. E in questo male, in  questo mare, "il naufragar m'è dolce... ".



*sto studiando il tedesco a spizzichi e bocconi, perciò non posso dire di capire a pieno la frase del titolo. Tuttavia mi è piaciuto inserirla, ché magari a forza di rileggerla la memorizzo più in fretta.

martedì 6 agosto 2013

Il cane dei vicini

La cagnolina dei vicini è morta. Era un affarino minuscolo, forse di razza, forse no, con il pelo bianco e marrone chiaro e ciuffi sparsi qui e lì. L'anno scorso, una sera, il vicino l'aveva portata giù senza guinzaglio e mentre lui, distratto, buttava via la spazzatura, lei era scomparsa nel nulla. Subito erano iniziate le azioni di ricerca in pompa magna e il quartiere era stato battuto a tappeto: della cagnolina nessuna traccia. Due giorni dopo un canile aveva chiamato: l'avevano ritrovata nei pressi della stazione ferroviaria. I vicini non si spiegavano come potesse essere giunta fin lì, visto che camminava a fatica. "Qualcuno l'ha rapita pensando fosse un cucciolo e poi l'ha abbandonata rendendosi conto che è una vecchietta", avevano commentato.

Visto che alle ricerche avevo partecipato, ché qui a casa mia gli animali sono parte della famiglia e l'idea di una cagnolino o un gatto sperduto è per noi cosa inconcepibile, da allora i vicini, gente scorbutica che prima di allora non era mai riuscita a raccogliere abbastanza voce per rispondere al mio educato saluto, hanno iniziato a sorridermi, lui, e a parlarmi, lei. E l'altro giorno è andata all'incirca così:

- Ma sa che la mia cagnolina è morta?
- Oh, mi spiace. Com'è successo?
- Eh... è caduta dal balcone, sa? Era cieca, ma non ce n'eravamo mica accorti e sul balcone non c'era la rete. 
- Ma poverina. Quanti anni aveva?
- Eh, diciotto... Mio marito ancora si deve riprendere. Ma non è morta cadendo dal balcone, sa? [ndt: abitano al QUARTO piano]
- No?
- No: sotto c'erano le tende della vicina e hanno attutito la caduta.
- Quindi è stato lo choc della caduta?
- No no, è andata avanti ancora per tre mesi, poi è morta di vecchiaia...

La conversazione è proseguita ancora per un paio di minuti. Più tardi, tornata a casa, pensavo ancora alla storia di questa povera cagnetta, insospettatamente cieca, precipitata dal balcone e miracolosamente sopravvissuta...

- Sai che è morta la cagnolina dei vicini?
- Quale cagnetta?
Quella che era scomparsa vicino ai bidoni della spazzatura l'anno scorso. Aveva 18 anni ed è morta di vecchiaia, ma la signora mi ha raccontato che non si erano accorti che era cieca e che tre mesi prima era caduta giù dal balcone, ma che si era salv...
- Ah sì, questo lo sapevo. È caduta dal balcone due volte, non una.
- DUE?!? 
- Sì, qualche mese fa e alla fine dell'anno scorso.

Ecco, continuo a pensare a questa povera cagnolina e, con orrore, al fatto che la vicina, prossima a salutarmi, aveva fatto scivolare lì, tra una parola e l'altra, la terribile frase: "Stiamo pensando di prendere un altro cane". In caso, dovesse scomparire nel nulla anche lui, il biglietto per il treno glielo pago io.

sabato 3 agosto 2013

Buoni propositi

Statua della Dora Riparia
Alla fine del 2012 ho deciso per la prima volta in vita mia di prendere nota dei buoni propositi per l'anno nuovo. Non ne ho ancora realizzato mezzo ma la lista è sempre lì appesa alla parete, ordinata e criptica (ché di fatto ho scritto tutto usando sigle e numeri).

Allora io ogni sera, terminato il lavoro, alzo lo sguardo e ritrovo queste parole un po' sghembe, queste cifre che a metterle insieme sembrano comporre un qualche pronostico, e sorrido: ho sempre l'impressione di trovarmi di fronte a una fotografia che, invece di visi e panorami, restituisce uno stralcio di vecchi pensieri.

Il bello, mi dico, sta proprio in quella loro natura fotografica, nella loro staticità rapportata al fluire: loro sono lì, memoria di un'ora che ho trascorso a riflettere sugli obiettivi da pormi, "impegnativi ma non troppo" perché non fossero meramente chimere ma idee da poter tradurre in realtà, mentre io, nel frattempo, sono cambiata. Il cambiamento, di giorno in giorno, è cosa da poco, come il passo di un vecchio signore che, a fatica, si trascina in avanti. Eppure, come la goccia che scava la pietra, sa essere tanto perentorio e caparbio quanto silenzioso, e quando inciampa o s'arresta finisce sempre per riprendere il cammino: quella leggera incertezza, quel barlume di incostanza, lungi dall'indebolirlo ne rinvigoriscono il passo. 

Così io ogni sera, di fronte a questa immagine atipica, osservo da una parte l'irrealizzato, dall'altra la distanza tra quel che sono e desidero e ciò che ero e desideravo, la mappa dei miei perché, il sottile tratteggio che inizia a dar forma ai miei nuovi vorrei. Quel che  mi interessa allora non è se terrò fede alle mie originarie intenzioni, ma ciò che mi ci aveva condotto e la strada che ho invece preferito imboccare.
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