Per un traduttore è un mantra costante e sono pronta a scommettere che sia così anche per il 99,9% degli altri liberi professionisti. Nel mio caso, ho capito che erano parole che mi si addicevano alla perfezione intorno ai 14 anni di età: mangio il boccone prelibato solo dopo le verdure, appena tornata alle 3 di notte da un viaggio di 15 ore preferisco ugualmente riordinare la valigia prima di andare a dormire… Insomma, tendo a rilassarmi solo dopo aver fatto ciò che devo, soprattutto in ambito professionale.
Quand'è che come traduttrice tendo a rimandare il lavoro o a farlo procedere con lentezza?
Succede quando ce n’è poco e lo posso spalmare su più giorni, quando ci sono più possibilità di distrazione, accuso un calo di autodisciplina e motivazione o anche soltanto quando c’è un termine per il quale no, non riesco proprio a trovare un traducente che mi soddisfi e la frustrazione prende il sopravvento.
Credo che, alla fin fine, le ragioni che portano me e chiunque altro a procrastinare sono ciò che ci rende umani. Come aggiro il problema?
- Faccio una telefonata.
- Imposto, ovvero: quando il lavoro sembra troppo difficile e impegnativo, cerco di dividerlo in parti. Piano piano la matassa si dipana e diventa più abbordabile. La parte più difficile è molto sovente quella iniziale, ma una volta preso il via il resto vien da sé.
- Agisco, ovvero: aspetto di trovare la soluzione più tardi, impegnandomi nel frattempo a portare avanti il resto. Il termine ostico, ad esempio, lo lascio lì a macerare, oppure chiedo consiglio a un collega. Se la soluzione non dovesse arrivare, avrò più tempo per cercarla una volta terminato il grosso del lavoro.
- Termino, ovvero: non mi concedo sconti anche avessi da tradurre soltanto 8mila parole in due settimane. Se seguo rigorosamente la mia tabella di marcia e nel frattempo mi viene proposto un altro progetto, avrò già svolto la maggior parte del primo.
E se dovessi finire prima?
Consegno prima! In molti sostengono che sia una brutta abitudine, perché “le agenzie e i clienti poi si abituano a tempi di lavoro diversi”. Io non sono d’accordo:
- nel caso di un cliente diretto, per il lavoro successivo basterà mettere nuovamente in chiaro delle tempistiche giuste;
- nel caso di un’agenzia si parla invece di altri professionisti del settore, che ben sanno quali sono le difficoltà e i tempi indicativi per lo svolgimento di un determinato lavoro. Se si riesce a consegnare in anticipo, 1) si facilita il compito dei revisori, che nella maggior parte dei casi avranno più tempo per rivedere il testo e 2) in alcune occasioni viene inviato altro materiale dello stesso progetto perché ancora da assegnare (“visto che già hai lavorato a una prima parte, avresti voglia di occuparti anche di quest’altra?”).
E voi? Ce l’avete il numero di Chuck Norris?
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