Chiara De Giorgio Collezione Autunno inverno |
Uno dei settori della traduzione
che viene spesso dato per scontato e su cui molti conoscitori di due o più
lingue amano commentare è quello che riguarda il mondo degli audiovisivi.
Sottotitolaggio, adattamento, voice-over, simil sync… Questi e altri termini
riportano tutti a un mondo a sé stante che riguarda i prodotti destinati al
grande e al piccolo schermo. Oggi ho deciso di parlare di questi e altri
argomenti con Chiara De Giorgio, libera professionista traduttrice che lavora in
questo mondo da quasi dieci anni.
Partiamo dall’inizio: una laurea triennale in traduzione e
interpretariato, un corso di specializzazione in traduzione legale e poi una
laurea specialistica in traduzione e altri corsi di aggiornamento oltre a quasi
dieci anni di esperienza. Quand’è che un traduttore può considerarsi formato?
Mai, credo. Almeno nella mia esperienza. E per quanto
lauree, master e corsi di formazione siano utili, i trucchi del mestiere li ho
imparati tutti sul campo. Traducendo o, nel mio caso, adattando. E diciamo che
essere un’appassionata di serie televisive di ogni sorta e genere ha aiutato.
Il tuo è un percorso non espressamente orientato al mondo degli
audiovisivi. Come e quando hai scelto di specializzarti in questo settore?
In realtà ho sempre voluto fare l'adattatrice sin dal primo
anno di università e così, ancora ventenne, partecipai a un incontro
sull'adattamento organizzato in occasione di una fiera del libro: non vedevo
l'ora di scoprire quale percorso avrei dovuto intraprendere per realizzare il
mio sogno. Quando alzai la mano per domandare al relatore cosa avrei dovuto
fare per diventare adattatrice, lui mi rispose una frase del tipo:
"Cercati uno studio di doppiaggio, lava i pavimenti e porta il caffè agli
adattatori, oppure sposatene uno". Non stava scherzando.
A quel punto che fai?
Rinunci, o per lo meno io ho
rinunciato. Ho sempre avuto un forte istinto di preservazione: nella vita ho svolto
lavori molto umili, ma sempre fini a se stessi e non certo nell’ottica di ottenere
un altro lavoro ancora.
Ad ogni modo, dopo i primi tre anni di università ho fatto
mille lavori diversi e viaggiato un sacco. Poi ho deciso di tornare e terminare
gli studi. Quando mi sono iscritta al master di specializzazione presso la
scuola TuttoEuropa di Torino potevo scegliere tra varie opzioni, tra cui traduzione
legale e adattamento, ma ho optato per la prima proprio perché sapevo che nell'adattamento non avrei
avuto possibilità. Non posso dire però che la traduzione legale mi
entusiasmasse (ride). Così, quando è arrivato il momento di decidere dove fare
lo stage, ho scelto di proposito un'agenzia che si occupava di adattare serie
televisive. Ci ho voluto provare, mi sono data una chance. Per come poi sono
andate le cose, spesso una chance è tutto ciò che serve per riuscire, nella
vita. Nessun pavimento da lavare, nessun caffè.
Ti andrebbe di spiegarci nello specifico cosa si intende per
sottotitolaggio/sottotitolazione e adattamento, simil sync, voice-over e sync?
Quali sono le principali differenze che si riscontrano nella pratica del
lavoro?
La sottotitolazione, o sottotitolaggio, non ha bisogno di
grandi spiegazioni, a mio avviso. Per gli strumenti che ci sono oggi, chi non
ha mai visto una serie tv sottotitolata? Solo un appunto: ci sono molte regole,
ad esempio un numero massimo di caratteri per riga, due righe al massimo, e via
discorrendo, e non è per niente semplice. Serve sintesi, tanta sintesi. Non è
una capacità da prendere sotto gamba.
Di adattamento ve ne sono diversi tipi. Invece di scrivere
un trattato, che peraltro risulterebbe noiosissimo, vi faccio alcuni esempi:
Hell's Kitchen è adattato in simil sync.
In soldoni: il doppiatore attacca a parlare insieme al personaggio e finisce
con lui, ma non rispetta il labiale. Le voci originali, in genere, sono del
tutto coperte. Anche X Factor e American Idol sono in simil sync, come quasi
tutti i reality, ormai.
Per adattamento in voice-over
si intende invece il tipico documentario dove un personaggio si trova davanti a
una telecamera e racconta del suo viaggio. Si sente il personaggio che parla
per qualche secondo e poi il doppiatore che lo doppia, appunto, e che finisce di
parlare qualche secondo prima di lui.
Il sync, beh, anche
quello lo conoscono tutti: qualsiasi film che vediamo in tv o al cinema è stato
adattato con questa tecnica, ovvero adattato sul labiale. Servono ottimi
adattatori e grandi doppiatori/attori.
Quali sono gli errori pratici
che una persona agli inizi commette più spesso? A cosa deve stare attenta? Puoi
farci qualche esempio?
Io mi occupo soprattutto di simil sync, dove ci si può
prendere qualche libertà in più. Cosa intendo per libertà? Vi faccio un esempio
su cui stavo lavorando proprio un attimo prima di dedicarmi a questa
chiacchierata.
I imagine XX working with needy people, people / who are struggling, people who need to be encouraged. / but his life is a mess. / he's really messed it up. / and it's his own fault.
Gli slash rappresentano le pause lunghe che il
personaggio fa mentre parla. Questa è una possibile resa:
XX potrebbe lavorare con i bisognosi, / con persone in difficoltà, che vanno incoraggiate. / Ma non è in condizioni. / La sua vita è un disastro. / Ed è tutta colpa sua.
Come vedete, ho eliminato I imagine. Posso farne
a meno, non aggiunge significato. Eliminarlo mi consente di abbreviare la frase
e risparmiare tempo. La lunghezza infatti rispetta i tempi e ve ne accorgete
provando a ripeterla a voce alta.
Se traducessi people who need to be encouraged con che hanno bisogno di essere incoraggiate risulterebbe troppo
lungo. Inoltre, prima ho già utilizzato “bisognosi” e risulterebbe una ripetizione, cosa sempre da evitare.
but his life is a mess. In questo caso la mia resa si
scosta parecchio: Ma non è in condizioni. L’avessi tradotta più letteralmente anche
in questo caso sarebbe stata troppo lunga. L’ho riutilizzata dopo, visto che il
personaggio ripete il concetto.
Per farvela breve: nel simil sync l'importante è mantenere
il contenuto e rispettare i tempi. Le parole che usate e l'ordine in cui le usate
diventano aspetti secondari.
A proposito di tempi,
non tutti sanno che nel tuo lavoro non occorre soltanto conoscere bene le
lingue e rispettare il contenuto originale per offrire una resa che sia il più
possibile fedele all’originale nel suo significato e nella fluidità del parlato,
ma anche avere un orecchio fino e tanta pazienza. Avresti voglia di spiegare
cosa si intende per “prendere i tempi” e “rispettare i tempi”?
Iniziamo da questa immagine. Quello che vedete si chiama time code. Quando un
personaggio inizia a parlare, io fermo il video e segno sul mio copione, a
inizio battuta, i numerini che vedete nella foto. In questo caso inizia a parlare al min. 03.47 del video. In sostanza, in questo modo segnali al doppiatore il momento dell'attacco. Non è un servizio che viene richiesto da
tutti i clienti e normalmente andrebbe sempre pagato a parte, ma è bene sapere che
questo non succede quasi mai (che venga pagato a parte, intendo).
Rispettare i tempi significa stare nella battuta, non
sforare le lunghezze. Se il personaggio attacca a parlare a 03.47 e finisce a
03.57, la battuta deve rientrare in quei dieci secondi. Tutto questo sembra
semplice, ma non lo è. Ci sono mille sfumature, come gli slash che ho citato
prima e che rappresentano il segno grafico per indicare una pausa lunga. Altri
segni, ad esempio una virgola ripetuta - ,, - indicano pause brevi o piccole
incertezze nel parlato. Queste pause vanno tutte segnalate nel copione ed è per
questo che prendere i tempi con precisione non solo richiede tempo, ma anche
molto, molto esercizio.
Nella traduzione bisogna naturalmente tenere conto di queste
cose, così come dei gesti o della mimica di chi parla. Nel labiale, per
esempio, hai qualche millesimo di secondo in più a fine e inizio battuta perché
segui il movimento delle labbra, ma le cose si complicano perché devi tener
conto anche di come queste si muovono quando il personaggio pronuncia una p,
una b, una m, e via dicendo. Complicato, vero? Col tempo ci si prende la mano.
O l’orecchio, che dir si voglia.
Altri professionisti
del settore lavorano su un adattamento di un prodotto audiovisivo anche senza
conoscere la lingua di partenza, mentre oltre all’italiano tu conosci altre
quattro lingue ma hai deciso di lavorare solo con due di queste, portoghese e
inglese. Qual è il motivo di questa scelta e perché il tuo approccio è diverso?
Quando lavoro, io non leggo il copione: ascolto i
personaggi. Intendiamoci, è ovvio che legga il copione, ce l'ho davanti agli
occhi, ma affronto le battute una alla volta, pausa dopo pausa, guardano il
personaggio a video e non leggendo quello che trovo scritto sul mio file word.
Mi spiego? Ho bisogno di sentire quello che dice per sentire la
lunghezza. E ho bisogno di capire le sue parole per sentire davvero
quella lunghezza. Non solo: ho bisogno di capirlo per entrare in sintonia con
lui, per decidere se lui o lei direbbe la battuta in quel modo o in un altro. E
se non capisco la lingua che ascolto, faccio molta più fatica e ci impiego il
doppio del tempo.
Lo ammetto: sono una maniaca del controllo e voglio capire i
miei personaggi. E voglio capirli bene. In passato mi è stato chiesto di
adattare dei video dal francese, lingua che conosco ma che non parlo da anni, e
ho rifiutato perché non avrei saputo riconoscere le finezze, cogliere tutti i
doppi sensi del parlato, capire a fondo il mio personaggio. Con l'inglese e il
portoghese so di poterlo fare. Ma per quest’ultimo ad esempio distinguo
ulteriormente: col portoghese brasiliano non ho alcun problema, con quello del
Portogallo in alcuni casi ho discusso un termine o una sfumatura col mio compagno,
che lo parla alla perfezione.
Detto questo, conosco un sacco di colleghi che adattano da lingue
che non conoscono (con una traduzione in mano) e che lo fanno con risultati
eccellenti. Io non ci riesco o, meglio, faccio più fatica. Per questo
preferisco lavorare solo nelle lingue che padroneggio a livelli eccellenti.
Per tirare un po’ le
somme, quali consigli daresti a un neolaureato desideroso di intraprendere
questo percorso? Oltre a "Nessun pavimento da lavare, nessun caffè",
ovviamente.
Bella domanda. I corsi sicuramente aiutano, quantomeno per
farsi un'idea generale del lavoro, ma non sono sufficienti. È un lavoro che si
impara con la pratica, quindi è bene trovare qualcuno disposto a insegnarvelo. Ci
sono agenzie, in Italia, che cercano persone da formare, ma bisogna avere la
fortuna di capitare al momento giusto.
In quanto a corsi, a Torino ce ne sono di validi: quello di TuttoEuropa, che prevede anche preziosissime possibilità di stage, o l'ODS, che offre sia corsi di doppiaggio sia di adattamento. Validissime entrambe.
In quanto a corsi, a Torino ce ne sono di validi: quello di TuttoEuropa, che prevede anche preziosissime possibilità di stage, o l'ODS, che offre sia corsi di doppiaggio sia di adattamento. Validissime entrambe.
Per quanto riguarda
te, invece, quali sono progetti in cantiere?
Sempre nell'ottica del "non si finisce mai di
imparare", sto iniziando un corso di dizione, perché so che potrebbe
aiutarmi ulteriormente nel mio lavoro. Sto inoltre preparando un corso di
adattamento che spero di poter presentare e offrire il prossimo anno. È un
progetto ancora in cantiere che però mi stimola molto e mi dà un gran daffare.
Vi terrò informati.
Per contattare Chiara De Giorgio, potete mandarle un messaggio attraverso il suo profilo LinkedIn o scriverle un'e-mail all'indirizzo chiaradegiorgio[chiocciola]gmail.com.
Piccola curiosità: oltre a svolgere bene il suo lavoro, Chiara canta che è una meraviglia. Giudicate voi stessi.
Che bello questo post! Anzi, sarebbe interessante anche capire come lo hai realizzato.
RispondiEliminaInteressante la spiegazione delle varie attività. Un po' come dire che tradurre un libro è l'equivalente della monodimensione e man mano che si va verso il sync le dimensioni (le possibilità, ma anche i vincoli) aumentano.
Non ti sorprenderà il fatto che mi è naturale tradurre il tutto in termini matematici, quindi siccome le esigenze sono molteplici è come essere di fronte a un problema di ottimizzazione vincolata (quando ci sono più obiettivi si sceglie di ottimizzarne uno inserendo gli altri sotto forma di vincoli).
Alla tua ospite mi piacerebbe porre due domande. La prima è sapere quali sono i Paesi d'Europa che rappresentano i punti di eccellenza nei vari ambiti e capire come siamo messi noi europei rispetto agli altri.
Ormai passo buona parte dell'estate (a volte tutta) in Lituania, dove (ad esempio su TV1000) siamo ancora al voice-over, tra l'altro (lo raccontavo in un mio post dello scorso anno) con una sola voce a interpretare tutti i personaggi di un film (uomini, donne, bambini, bianchi, neri, balbuzienti, ...). Anche in Lituania, però, molte cose stanno cambiando e i casi di simil sync e sync si stanno diffondendo.
Interessante osservare come il voice-over si può vedere in termini di soddisfacimento di un'esigenza primaria (l'equivalente del bere per esempio). Quando questa esigenza (la comprensione di un film o telefilm) è soddisfatta allora si passa ad esigenze più raffinate (dall'acqua al vino) e poi alle eccellenze (vino rosso di qualità elevata). Sono procedimenti che naturalmente richiedono tempi anche lunghi, dell'ordine di qualche anno, a volte decenni.
La descrizione delle varie attività da parte di Chiara De Giorgio mi ha permesso di apprezzare molte cose e molte sfumature. Per esempio il suo racconto e le sue spiegazioni hanno contribuito a dare al suo "mestiere" (termine voluto) quell'essenza di artigianalità (nel senso buono e artistico del termine) e di meticolosità, proprie delle grandi cose di valore. E poi emerge l'elemento pazienza che sicuramente gioca un ruolo importante.
Da indipendentista la seconda domanda suonerebbe così: si dice che i migliori doppiatori di film del mondo siano italiani, cosa si può dire invece delle serie? Ci sono centri di eccellenza anche in Padania o è sempre l'Italia a guidare?
Che quindi per voi va tradotta sostituendo centro-sud a Italia e nord a Padania :)
Un autore (non mi ricordo chi) ha detto che la bellezza di un libro è proporzionale a quanto il lettore può rubare all'autore (nel senso di bagaglio di conoscenza che si porta con sé dopo averlo letto); credo che valga per qualunque scritto, quindi anche per i post. Ti rinnovo i complimenti!
Sono molto contenta che il post ti sia piaciuto!
EliminaVuoi sapere come l'ho realizzato per quanto riguarda la logica delle domande o il mezzo di comunicazione?
Il mio intento era proprio quello di far emergere degli aspetti tecnici poco noti non soltanto ai "non addetti ai lavori", ma spesso anche a traduttori che si occupano di settori diversi (l'esempio spiega bene, tra le altre cose, il punto 4 di quest'altro mio post: passare da un settore/argomento a un altro nel mondo della traduzione non è un processo così immediato proprio perché oltre a una resa che sia buona dal punto di vista terminologico e stilistico, vi sono spesso - e talvolta insospettabilmente - molte regole da rispettare).
"Un po' come dire che tradurre un libro è l'equivalente della monodimensione e man mano che si va verso il sync le dimensioni (le possibilità, ma anche i vincoli) aumentano". Ho trovato interessante il parallelismo, ma non sarei certa della sua correttezza. Anzi, mi hai dato l'idea per un prossimo post, perché anche nella traduzione di un romanzo ci sono possibilità e regole (o vincoli) diverse in base al genere da tradurre. Quindi anche in quel caso credo si possa parlare di ottimizzazione vincolata (ho cercato un approfondimento, ma i vari simboli matematici hanno tentato alla mia vita).
Segnalerò le altre tue domande a Chiara ;)
Grazie Chiara, mi hai dato parecchi spunti utili! Solo non ho compreso se esistono differenze per esempio tra Milano/Torino e Roma; sarebbe interessante capire se serie e film si doppiano in proporzioni più o meno uguale o se c'è una città specializzata in film e una nelle serie.
EliminaSull'ultima parte anch'io la penso come te; dal mio punto di vista l'occidente si muove (prevalentemente) verso un concetto di qualità, quindi quello che mi aspetto (e che in parte già vedo in base alla mia personale esperienza, necessariamente limitata) è che il doppiaggio tenderà ad acquisire un'importanza sempre maggiore.
L'interrogativo "Quand’è che un traduttore può considerarsi formato?" mi ha lasciato pensieroso per un po'. E senza una precisa opinione. Forse nel caso dei traduttori vale l'adagio "in medio stat virtus", ovvero né troppo giovane, perché la grammatica è ancora tanta mentre la pratica langue, né troppo anziano, perché forse ossidato dalle abitudini ed insensibile ai neologismi ed alle evoluzioni quotidiane di tutte le lingue.
RispondiEliminaSe per un traduttore quindi opterei per una persona abbastanza matura ma non troppo, non avrei dubbi a scegliere in base all'età un avvocato (il più anziano possibile, perché l'esperienza nella dialettica e nel dibattimento è un'arma formidabile) oppure un chirurgo (il più giovane possibile, perché fresco di studi, in buona salute ed in linea con i più recenti aggiornamenti della medicina e delle tecniche).
Si, lo so, poi ci sono le varie eccezioni...
Un cordiale saluto.
Ciao Gio! La tua lettura della domanda è molto interessante e mi ricorda un criterio che, insieme ad altri, veniva applicato tempo fa in un gruppo chiuso su Facebook dedicato a professionisti del settore per valutare la candidatura di chi desiderava entrare a farne parte. Se non ricordo male bisognava avere un'esperienza minima di 7 anni. Non era un criterio fisso ma di indicazione generale, in seguito abbandonato perché si è deciso di dare maggior peso ad altri criteri. Quali? Quelli che in quel gruppo sono attualmente in vigore e che ti indico di seguito:
Elimina"In entrata i criteri sono a grandi linee quelli che usiamo per valutare se affidare o meno un lavoro o un nostro cliente a uno sconosciuto: il modo in cui si presenta e scrive, un profilo professionale completo in rete, gli anni di esperienza, un numero di lingue di lavoro ragionevole per un solo individuo, competenze specifiche, prezzi da colleghi e non da concorrenti. Non accettiamo chi si profila come 'competente' a tradurre in una lingua diversa dalla propria madrelingua. Ai fini della definizione di 'competenza professionale', riconosciamo solo il bilinguismo tardivo culturale, che non sia quindi basato esclusivamente su un bilinguismo di nascita."
Come vedi, gli anni di esperienza contano ma rappresentano solo un elemento tra tanti.
La "logica" delle domande è molto chiara invece io ero interessato più alla "logistica" dell'intervista :) quindi al mezzo utilizzato, se vi siete incontrate, se avete usato Skype o altro.
RispondiEliminaQuanto al mio parallelismo solo ora mi rendo conto di aver dato per scontato una cosa importante. Ovvio che dal tuo punto di vista non calza molto e ovvio che calza dal mio :) perché tu, da addetta ai lavori, vedi le cose da dietro (sei in backend) mentre io, da utente/fruitore (o qualunque altra brutta parola che esprime lo stesso concetto) vedo le cose dal davanti (sono in frontend).
Quando leggo un libro io non ho l'originale davanti, ecco il perché della monodimensione. Ovviamente nelle traduzioni scritte ci posso essere vincoli stringentissimi, basti pensare alla necessità di mantenere delle rime o di lavorare con dei giochi di parole. Invece in un film l'originale c'è: è solo silenziato (a meno di non considerare il voice-over dove l'originale appare in sottofondo).
Una cosa mi incuriosisce molto: personalmente non mi capita di notare se sono di fronte a un caso di sync o simil sync. Mi domando se esiste qualche studio empirico di psicologia che mostra come in fondo il mancato adattamento del labiale non viene percepito più di tanto dal pubblico. Io non lo percepisco, ma questo perché non sono mai realmente attento. Non percepisco moltissime altre cose, per esempio la differenza tra la elle dura e la elle molle.
Immagino che nel leggere di ottimizzazione vincolata tu ti sia imbattuta in qualche lambda di troppo :) ma l'importante è che hai colto il concetto, e mi pare di sì.
Via Skype, ovviamente una domanda alla volta. Per quanto riguarda eventuali studi di psicologia incentrati su questo, non saprei, ma domanderò in giro :)
EliminaBuongiorno, mi sono imbattuta in questo interessante post perché ero alla ricerca di informazioni "storiche" sul simil sync e perché lo sto studiando proprio dal punto di vista della percezione del pubblico. In particolare, il commento di Nautilus mi sembra molto pertinente e, direi, in controtendenza rispetto alle risposte ottenute dalle mie interviste. Sarei curiosa di saperne di più. Intanto, complimenti ancora per il post e un saluto.
EliminaCiao Chiara!
RispondiEliminaMi sono ritrovata nella tua stessa situazione e, cercando delle info sul web, ho trovato il tuo post. L'ho trovato illuminante :) dato che vorrei chiederti un paio di cose, posso scriverti via mail?
Tanti cari saluti
Ciao Elisa, puoi contattare Chiara attraverso l'email indicata in fondo al post :)
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