Ieri ho postato su Facebook un
indovinello: indovina la lingua madre di chi ha tradotto in EN il
testo: "...and to repurchase a dignity".
Questo stralcio è tratto da una serie di documenti che
sto traducendo dall'inglese all’italiano insieme a una collega. I casi di
studio descritti si riferiscono a progetti attuati in diversi paesi del mondo e
ognuno è stato probabilmente tradotto
da persone appartenenti all'organizzazione coinvolta: quindi né traduttori, né
tanto meno madrelingua inglesi.
Gli esempi che abbiamo riconosciuto essere stati
tradotti da italiani ci hanno fatto sorridere perché il senso, almeno per noi, era
piuttosto palese e seguiva la logica della nostra lingua (vedi “…and to
repurchase a dignity”). Quelli che invece erano stati tradotti da persone di paesi
diversi sono stati fonte di sofferenza.
Questo può servire a ricordare quanto sia importante per il cliente affidare la traduzione dei
testi a persone capaci di padroneggiare perfettamente la lingua di arrivo,
ovvero madrelingua o madrelingua tardivi.
Tuttavia oggi vorrei presentarvi un altro punto di
vista: un collega con cui ho
parlato di recente mi spiegava infatti che, lavorando in azienda, si trovava
nella situazione di dover tradurre in attivo o di dover direttamente redigere
dei testi in una lingua diversa dalla propria, nel suo caso l'inglese. Vista la
diffusa mancanza di una conoscenza specifica del lavoro in sé, è una cosa
che in questi ambiti viene richiesta spesso e la persona interessata non è
certamente nella condizione di rifiutare. L'aspetto che su cui vorrei
concentrarmi è però un altro: nel tradurre o creare ex novo un testo
in inglese, il collega si trova di fronte a due particolari esigenze del cliente (in questo caso l'azienda che lo ha assunto),
una esplicita e l'altra implicita. Vi spiego meglio
:
:
- implicitamente gli viene richiesto un risultato impeccabile da
un punto di vista linguistico per rispondere a un primo scopo: la fruibilità
del testo da parte di persone di lingua inglese;
- esplicitamente invece la resa finale non deve essere troppo inglese per un
italiano, perché in tal caso non risponderebbe a un secondo scopo mai rivelato
apertamente: la fruibilità del testo da parte di esperti del settore di
lingua italiana con una conoscenza media dell'inglese.
A questo punto la domanda che il collega mi ha posto è: un traduttore madrelingua inglese sarebbe in grado di svolgere al meglio un
lavoro di questo tipo?
Secondo me la questione si
risolve su un piano diverso perché di fatto un traduttore
professionista di madrelingua inglese che lavora con l'italiano, conoscendo
bene non solo la lingua di partenza ma anche le eventuali differenze
strutturali tra questa e la lingua di arrivo, saprebbe sicuramente rispondere a
tale richiesta, se questa fosse esplicita. Il problema vero sta
invece nella mancata percezione di
questa esigenza da parte del cliente stesso, maturata invece dal collega in seguito
ai riscontri ricevuti da gran parte dei reali fruitori dei testi (ovvero gli
esperti del settore di lingua italiana di cui sopra).
Dunque se è vero che per il traduttore è doveroso lavorare verso la propria
lingua madre, assume per lui altrettanta importanza conoscere
il proprio cliente e comprenderne le esigenze. Per quanto possibile,
almeno.
In questo caso il collega, lavorando all'interno dell'azienda, si trova
chiaramente in una posizione di vantaggio rispetto a un eventuale traduttore
madrelingua inglese esterno. Tuttavia, se
entrambi disponessero di tutte le informazioni, a chi converrebbe affidare il
lavoro?
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