Bellissimo, il mio fine settimana, tra la mostra di Kandinskij, un po' di pioggia, lunghe passeggiate, cacce a geocache vari e tanta socialità. Grazie a
Silvia Pareschi (grazie alla quale sono anche riuscita a raggiungere il posto in tempi relativamente brevi!)
ho anche scoperto l'Hangar Bicocca, sperso nel nulla a nord di Milano e che stavolta ospitava
Micol Assaël con la mostra intitolata
Iliokatakiniomumastilopsarodimakopiotita - uno scioglilingua che, come viene descritto
qui, "elude qualsiasi chiave di lettura prestabilita e lascia che l'esperienza diretta del visitatore si imponga sulla ricezione delle opere". La suddetta
esperienza del visitatore l'ho misurata e osservata non soltanto su di me, ma su vari amici che, con cadenza regolare, hanno avuto voglia di raggiungermi fin laggiù.
Un enorme tendone blu notte segna l'ingresso a uno spazio espositivo vasto e insolito in cui cinque stanze, ovvero cinque parallelepipedi diversissimi l'uno dall'altro, si ergono anonimi. Allora, di fronte a tanta libertà e in mancanza di riferimenti, regole e di un percorso prestabilito da seguire, ci si sente dapprima un po' sperduti e intimiditi, e poi curiosi, pronti alla scoperta. Nonostante questi piccoli mondi propongano e ricordino luoghi (di lavoro) alieni, lontani e per certi versi ostili al buon vivere umano, estrapolati dal reale contesto hanno ispirato reazioni ben diverse: c'era chi non voleva più uscire da Vorkuta, una vera e propria cella frigorifera a -30 °C ("Ci si può stare solo tre minuti? Usciamo e rientriamo?"), chi non ha smesso più di ridere in Senza Titolo, anche ribattezzata La stanza del vento (ok, ve lo dico: ero io!), chi si faceva cullare dal suono dell'"alveare" - 432 Hz, e chi ancora ha cominciato a studiare con inaspettato interesse il meccanismo di Sub (senza peraltro pervenire a soluzione).
La mostra prosegue con le installazioni permanenti. Prima fra tutte c'è La sequenza di Fausto Melotti, in foto, che accoglie i visitatori proprio all'ingresso dell'Hangar.
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La sequenza, di Fausto Melotti |
Poi, inaspettata e grandiosa, c'è l'opera di Anselm Kiefer. Già avevo intravisto le immagini dal blog di Silvia, ma dal vivo l'effetto è stupefacente. Si intitola I Sette Palazzi Celesti/The Seven Heavenly Palaces (bella la traduzione, vero?).
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Interno |
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Uomo e Palazzi Celesti |