mercoledì 18 novembre 2015

Il buon traduttore sa quando prendersi una pausa

Cosa fate quando non trovate il modo di tradurre al meglio una frase? Oppure quando avete finito di tradurre e dovete passare alla revisione?


Intendo una volta SUPERATO l'attimo di debolezza emotiva...

Per quanto riguarda me, nella maggior parte dei casi cerco di concentrarmi su altro, magari iniziando un altro lavoro, andando a far la spesa a metà giornata, seguendo un corso su Coursera o scrivendo un post. Sento già le vocine in sottofondo, come una musichetta cantilenante.

Fai la spesa a metà giornata? Sei comoda, a poter gestire i tuoi orari…
Scrivi un post? Va be’ che tu come freelance puoi fare come ti pare…
Un corso su Coursera? Si batte la fiacca, eh? Bella la vita del freelance…

In realtà non si tratta di saper gestire i propri orari, di condurre una vita comoda o di poter fare ciò che si vuole; il punto è che nel lavoro di un traduttore, dove tutto è incentrato da una parte sulle competenze, dall’altra sulla creatività, imparare a prendersi una pausa dal lavoro è fisiologicamente e professionalmente necessario, addirittura vantaggioso.

Ma non mi dire

E qui entrano in gioco il nostro cervello e il suo funzionamento. Diverso tempo fa avevo provato degli esercizi per svegliare l’emisfero destro, quello imputato alla creatività. Stavolta, invece, vorrei rendervi partecipi di quel che
ho di recente imparato in un corso su Coursera, ovvero di come funziona il nostro cervello in soldoni.

Nello studio e nel lavoro la parola chiave è da sempre concentrazione, ripetuta come un mantra fin da quando eravamo tra i banchi di scuola. L’intervallo o la pausa erano momenti permessi sotto forma di concessioni elargite dall’alto per benevolenza, piccoli strappi alla regola. Distrarsi era tassativamente proibito, vista come l’abitudine preferita di chi a scuola andava male e veniva sempre ripreso dagli insegnanti. O no?

Io invece per studiare avevo bisogno di rumore. Alla biblioteca, per dire, preferivo l’atrio di Palazzo Nuovo. E ho studiato altrettanto bene in stazioni del treno, fast-food e centri commerciali, al cinema nell’intervallo di un film o in piedi sul bus. Ripetevo tra me e me guardando la gente passare, collegavo concetti seguendo il chiacchiericcio di fronte agli ascensori. Perché mi riusciva bene? Perché inconsciamente alternavo continuamente una profonda concentrazione con quel che Barbara Oakley e Terry Sejnowski, due professori della University of California di San Diego, chiamano diffuse thinking, il “pensare in modo diffuso”. Ne sa qualcosa per esempio anche il direttore esecutivo dell'American Society for Engineering Education, Norman Fortenberry, che in un'intervista parla dell'importanza della distrazione per l'apprendimento e di come lui ogni tanto, per spegnere il cervello, si guardi i cartoni animati. 

Con pensiero diffuso si intende infatti quella modalità di pensiero che si adotta quando si è rilassati, il cervello è a riposo e si fanno vagare pensieri e nozioni nuove attendendo che trovino il proprio spazio. Perché il punto è questo: quando ci concentriamo, il cervello cerca di immagazzinare le informazioni inserendole in percorsi già prestabiliti tra i nostri neuroni, mentre quando pensiamo in modo diffuso permettiamo che si creino percorsi neuronali nuovi. Avete presente le idee geniali che vi vengono in dormiveglia? Pensiero diffuso. E quelle che vi colgono come un fulmine a ciel sereno mentre state correndo/nuotando/facendo la doccia? Pensiero diffuso.

La persistenza della memoria di Salvador Dalì? Pensiero diffuso.

Sul serio.

Quando cerchiamo di far trascorrere un po’ di tempo tra traduzione e revisione, in realtà stiamo cercando di tornare su quello stesso lavoro con occhi nuovi, ma nuovi non soltanto perché magari non conosciamo più ogni parola a memoria, bensì perché è trascorso del tempo che ha permesso al nostro cervello di immagazzinare informazioni nuove, rielaborarle e restituirci intuizioni preziose.


Tutto questo per dire che se a metà giornata vi prendete una pausa guardandovi l’ultima puntata di Grey’s Anatomy, fa parte del mestiere. 


È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.

12 commenti:

  1. Talmente d'accordo sul senso del post che avresti potuto ridurlo a quattordici parole, una virgola e un punto :)

    Gli studi moderni confermano quanto aveva già capito la bisnonna della bisnonna della bisnonna della bisnonna... di mia nonna :)

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    1. Quali sono queste quattordici parole, una virgola e un punto?
      A me piace trasformare stagni di parole in fiumi, talvolta. "Scorrono" meglio :)

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  2. Parole tue: "imparare a prendersi una pausa dal lavoro è fisiologicamente e professionalmente necessario, addirittura vantaggioso."

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    1. Ah, ecco! E dire che avevo la soluzione a portata di mano ;)

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  3. Grazie, interessantissimo il pensiero diffuso, ora finalmente posso dare un nome a quello che avevo sempre intuito ma mai inquadrato razionalmente.

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    1. Esattamente! Questo è il motivo per cui questo corso mi piace un sacco.

      Tra l'altro, per il riferimento a Dalì riportano un aneddoto carino. Ovvero: il pittore si metteva a dormicchiare su una poltrona, le braccia a penzoloni e una chiave nella mano con cui dipingeva. Sotto alla mano, poggiato per terra, sistemava un piatto fondo. Nel momento in cui iniziava davvero a dormire, veniva svegliato dal rumore della chiave sul piatto e poteva mettersi al lavoro.

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  4. Si può dire che ogni giorno dopo pranzo io dormicchio una mezzoretta prima di riprendere il lavoro?

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  5. Rieccomi! Vediamo un po' se questa volta saro' piu' fortunata.
    Ti mndo un link ad un articolo che penso troverai molto interessante
    http://www.bbc.com/future/story/20151106-why-we-should-stop-worrying-about-our-wandering-minds?utm_source=pocket&utm_medium=email&utm_campaign=pockethits
    ma fai attenzione perche' BBC Future causa dipendenza!
    Per me quello e' stato davvero l'ultio episodio di Grey's. La serie successiva e' cosi' ridicola e banale da farti venir voglia di urlare. E adesso ... Pubblica ... fingers crossed!

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    1. Yay, ce l'hai fatta!
      Grazie per l'articolo, sembra far proprio al caso mio (ultimamente ho già maturato una dipendenza da podcast che mi crea non pochi affanni!).
      Per quanto riguarda Grey's, io sto tenendo duro. Alcuni hanno smesso dopo "tu-sai-cosa", ma io non potevo rimanere ferma a quel finale. Ho però deciso: mai più serie scritte da Shonda Rhimes. Neanche per sbaglio.

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