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martedì 21 luglio 2015

Non rimandare a domani quello che potresti fare oggi

Per un traduttore è un mantra costante e sono pronta a scommettere che sia così anche per il 99,9% degli altri liberi professionisti. Nel mio caso, ho capito che erano parole che mi si addicevano alla perfezione intorno ai 14 anni di età: mangio il boccone prelibato solo dopo le verdure, appena tornata alle 3 di notte da un viaggio di 15 ore preferisco ugualmente riordinare la valigia prima di andare a dormire… Insomma, tendo a rilassarmi solo dopo aver fatto ciò che devo, soprattutto in ambito professionale.




Quand'è che come traduttrice tendo a rimandare il lavoro o a farlo procedere con lentezza?




Succede quando ce n’è poco e lo posso spalmare su più giorni, quando ci sono più possibilità di distrazione, accuso un calo di autodisciplina e motivazione o anche soltanto quando c’è un termine per il quale no, non riesco proprio a trovare un traducente che mi soddisfi e la frustrazione prende il sopravvento.

Credo che, alla fin fine, le ragioni che portano me e chiunque altro a procrastinare sono ciò che ci rende umani. Come aggiro il problema?


  • Faccio una telefonata.

  • Imposto, ovvero: quando il lavoro sembra troppo difficile e impegnativo, cerco di dividerlo in parti. Piano piano la matassa si dipana e diventa più abbordabile. La parte più difficile è molto sovente quella iniziale, ma una volta preso il via il resto vien da sé.
  • Agisco, ovvero: aspetto di trovare la soluzione più tardi, impegnandomi nel frattempo a portare avanti il resto. Il termine ostico, ad esempio, lo lascio lì a macerare, oppure chiedo consiglio a un collega. Se la soluzione non dovesse arrivare, avrò più tempo per cercarla una volta terminato il grosso del lavoro.
  • Termino, ovvero: non mi concedo sconti anche avessi da tradurre soltanto 8mila parole in due settimane. Se seguo rigorosamente la mia tabella di marcia e nel frattempo mi viene proposto un altro progetto, avrò già svolto la maggior parte del primo.
E se dovessi finire prima?




Consegno prima! In molti sostengono che sia una brutta abitudine, perché “le agenzie e i clienti poi si abituano a tempi di lavoro diversi”. Io non sono d’accordo:

  • nel caso di un cliente diretto, per il lavoro successivo basterà mettere nuovamente in chiaro delle tempistiche giuste;

  • nel caso di un’agenzia si parla invece di altri professionisti del settore, che ben sanno quali sono le difficoltà e i tempi indicativi per lo svolgimento di un determinato lavoro. Se si riesce a consegnare in anticipo, 1) si facilita il compito dei revisori, che nella maggior parte dei casi avranno più tempo per rivedere il testo e 2) in alcune occasioni viene inviato altro materiale dello stesso progetto perché ancora da assegnare (“visto che già hai lavorato a una prima parte, avresti voglia di occuparti anche di quest’altra?”).

E voi? Ce l’avete il numero di Chuck Norris?

mercoledì 15 luglio 2015

Traduttori e postazioni di fortuna

Ieri mattina mi ha scritto un'amica e collega suggerendomi, scherzando, di creare una rubrica del blog dedicata alle postazioni improvvisate dei traduttori. Perché no?

Non so quanti abbiano voglia di partecipare a questa idea, ma intanto ecco come lei sta lavorando in questi giorni di semi-vacanza (ovvero: giorni in cui lavora, ma da casa di amici). 



A sinistra il portatile è stato portato a livello sfruttando le enciclopedie, sempre utilissime nel momento del bisogno. A destra... be', il secondo monitor si è rotto e provvisoriamente ne è stato riesumato uno di quelli preistorici con tubo catodico. 

Perché due schermi? In molti ne preferiscono due per questioni legate alla vista, ma nel suo caso non potrebbe farne a meno perché si occupa di adattamento e sottotitolaggio, perciò da una parte visualizza il filmato, dall'altra il file di lavoro.

Ah, dimenticavo: come avrete immaginato, si è trovata costretta a lavorare in piedi. "Non so se ho più male alla schiena o alle gambe, non vedo l'ora di tornare a casa", ha commentato.


mercoledì 24 giugno 2015

Affarone: 2.985 euro per il registro europeo delle imprese


Madam/Sir,
In order to have your company inserted in our Register for 2015/2016 print, complete and submit the attached form (PDF) to the following address:
EU BUSINESS REGISTER, blablabla (ovvero: casella postale registrata a Utrecht, Paesi Bassi)
You can also attach the completed form in a reply to this email.
Dove sta dunque l'intoppo? Nel questionario. 

Updating is free of charge!

Oggi vorrei parlarvi di questa fantastica email ricevuta negli ultimi giorni. Grafica piuttosto curata, nessun file eseguibile o compresso allegato, concisa e dritta al punto. Per un attimo ho dubitato potesse essere vera. Cioè, vera è vera, ma propone l'iscrizione al registro europeo delle imprese (EBR), aggiungendo che l'aggiornamento è gratuito.








Anche il questionario ribadisce infatti, in alto a destra, la gratuità dell'aggiornamento, ma invita anche a firmare qualora si volesse inserire un annuncio. Poi, in quelle scritte fitte fitte in fondo, ecco definiti i termini dell'accordo: in cambio dell'inserimento del profilo aziendale nella banca dati dell'EU Business Register e di un cd-rom, il firmatario si impegna a corrispondere alla controparte 995,00 euro l'anno per tre anni, per un totale di 2.985,00 euro.


Eh?

Come dite? È una truffa? No, è un contratto ben definito che sfrutta semplicemente il nome del registro europeo delle imprese, ma che si dissocia esplicitamente da qualsiasi organizzazione o istituzione legata alla Commissione europea (vedi la scritta a margine, inclinando la testa di 90°). Ingannevole, magari.

Per maggiori informazioni sul vero registro europeo delle imprese, il sito di riferimento è questo. Maggiori informazioni in italiano qui.


sabato 5 luglio 2014

Quando i miei vicini litigano

Quando i miei vicini litigano, sembra che intorno il silenzio si faccia più intenso, i passi per i ballatoi più felpati, i giochi dei bambini attutiti. Persino i saluti tra dirimpettai si diradano, lasciando spazio a discreti cenni del capo.

Quando i miei vicini litigano si arriva a un punto in cui si sentono solo le urla di lei, mentre le risposte di lui spariscono e nulla rimane se non singhiozzi. Allora la voce di lei si fa più umida e fuori piove.

Quando i miei vicini litigano a volte ti viene il mal di testa, ma mai ti prende l’idea di far presente che sono appena le sette e mezza del mattino. Il sole è in piena ascesa, ma il dolore non ha orari e del loro vorresti partecipare solo per ricordare che tutto si risolve, in un modo o nell’altro.

Quando i miei vicini litigano, invece, non si risolve mai niente. E la parete che vi divide, che filtra le loro voci e impotenze, la vedi assottigliarsi in tante piccole sbarre di prigione. Diversamente solida e immobile, apre spiragli su un mondo di solitudine a due.

Non urlare, mi scoppia la testa, le dice lui.
Se non urlo crollo anch’io, risponde lei.


E così vanno avanti, usando ognuno il suo bastone.

Fonte

martedì 24 giugno 2014

Keep calm and translate


Un'amica mi ha mandato questa immagine e non posso, proprio non posso, evitare di pubblicarla.

lunedì 16 giugno 2014

La mia domenica piovosa

Nelle ultime settimane ho lavorato tanto, anche e soprattutto nel fine settimana. Non è che avessi poco da raccontare, ma è stato tutto talmente frenetico e intenso che ogni momento libero ho preferito trascorrerlo lontana dal pc, per riossigenare cervello e vista. Ho anche provato l'ebbrezza di 22 ore di lavoro consecutive nel periodo elettorale, partecipando come segretaria di seggio. 

Ieri allora mi sono dedicata l'intera giornata, iniziando con una passeggiata per una splendida Torino nuda di gente in una piovosa domenica mattina.



Via Cernaia
Via Cernaia
Corso Vinzaglio

Corso Vinzaglio



Monumento a Pietro Micca

Palazzo Madama
























































Galleria Subalpina





In piazza Castello, poco prima dell'ingresso alla Galleria Subalpina, c'era un signore anziano e grassottello con un buffo cappello di paglia che suonava La vie en rose alla tromba. Molto, molto romantico. 














Piazza Vittorio - Estate


Avrei voluto prendere un qualsiasi bus diretto verso le viuzze inerpicate della collina, ma di domenica i mezzi pubblici sono quasi un miraggio, perciò ho optato per il Monte dei Cappuccini. 


Vista dal Monte dei Cappuccini








Per chi ancora non lo sapesse: il Monte dei Cappuccini sembra lontano, ma non lo è. Da Piazza Vittorio dista appena 1 chilometro, e ne vale la pena. 

Mi aspettavo di trovare il deserto anche lassù, invece c'erano fior di macchinoni parcheggiati alla rinfusa. Tutti erano però in chiesa per la messa, e il panorama è rimasto solo mio.







Discesa dal Monte
Scorciatoie interboschive




















Poi la città ha iniziato a riempirsi, e io ne ho allora approfittato per andare a mangiare i biscottini all'anice preparati da un'amica.

Spero la vostra domenica sia stata altrettanto bella.

domenica 11 maggio 2014

Salone del Libro: l'assurdità della rete senza fili

Al Salone del Libro collegarsi a Internet è un'impresa. Viene resa disponibile la rete senza fili del salone...



...ma non ha una buona copertura neanche quella.

Nella lounge, invece, per un attimo sono rimasta stupita dal fatto che volessero espressamente indicare la mancanza di rete con l'espressione Wi-Fi free: "senza collegamento Wi-Fi". Poi ho capito che la frase non era in inglese (che comunque avrebbe richiesto il trattino tra le due parole), ma in italiano, e che quindi avevano utilizzato "free" invece di "gratuito".



L'impressione è che siano riusciti a scrivere una frase male in due lingue diverse.

giovedì 1 maggio 2014

It's gonna be the best day of my life



Ho sentito questa canzone qualche giorno fa in un mercatino dell'usato vicino a casa. Stavo scartabellando tra i libri in offerta (ho trovato Il letto di Alice di Schine Cathleen a 50 centesimi, anche se non mi ha ancora convinta) e ho cominciato a canticchiarla in automatico. Ora la metto a tutto volume tutte le mattine prima ancora di fare colazione. Al di là del ritmo, che mi garba, mi piace iniziare la giornata pensando che quel giorno, proprio quello, sarà il più bello della mia vita, qualsiasi cosa abbia in programma di fare. Non lo so perché, ma di recente sono di ottimo umore (e per esserlo non serve un perché...). 

Poi l'altro giorno avevo voglia di musica nuova e ho chiesto suggerimenti. Li ho messi tutti in fila e mi sono creata una playlist particolarmente eterogenea che mi accompagnerà per il prossimo mese. Se volete aggiungere un vostro personale suggerimento, sarà davvero ben accolto.

Ah. Tra le canzoni a me sconosciute c'era questa, che credo sia un vero e proprio gioiellino.



Vi copio la playlist aggiornata ad oggi. Alcune canzoni non mi convincono granché, ma lo scopo era proprio provare ad ascoltare qualcosa di nuovo, perciò... 

  • Whitesnake - Is This Love
  • Rodriguez - Sugar Man
  • Sheryl Crow - Run, Baby, Run
  • Il teatro degli orrori - Non vedo l'ora
  • Stromae - Formidable
  • Wisin - Que viva la vida
  • Da Frozen della Disney: Let it go
  • Alex Vargas - Howl
  • Sade - Jezebel
  • Kodaline - One Day
  • Joni Mitchell - Big Yellow Taxi
  • Marijonas Mikutavičius - Aš Miręs
  • Armasta Mind Nii - Blacky
  • Ben Mazué - L'homme modeste

giovedì 24 aprile 2014

Il manifesto della mia pigrizia

Quando mi sono trasferita ho iniziato bene: un centinaio di gite all'Ikea, al Brico Center, all'Obi, a Mondo Convenienza, tre o quattro negozi di ferramenta e qualcosa d'altro che ora non ricordo. Nel giro di un mese ho arredato, montato, smontato, appeso, trapanato, avvitato (sì, ho anche un avvitatore adesso! Come ho potuto vivere senza fino ad ora?), fissato e inchiodato qualsiasi cosa. 

Poi, visto che tutto procedeva bene e filava liscio, mi sono rilassata un poco: ho iniziato a dilettarmi in frequenti gite per il quartiere, a divertirmi a prendere pullman a caso che hanno la fermata nei dintorni per scoprirne il tragitto, a fare amicizia con vicoli e scorciatoie, incetta di verdura nei mercatini rionali e mi sono iscritta nella palestra della zona (forse l'UNICA palestra della zona). Quindi, da cosa nasce cosa, ho inaugurato forno e fornelli e iniziato a invitare amici a pranzo, cena e merenda. 

Il risultato è che ora ho ancora qualche lavoretto da sbrigare. 

Tutti i giorni, mentre faccio colazione, ripasso la mia lista mentale di ciò che potrei/dovrei finire di mettere a posto alla prima pausa della giornata. Mi dico che è il giorno giusto, che sarà un gioco da ragazzi, quanto ci vorrà? Mezz'ora e via! Nella mia mente mi vedo, indaffarata e laboriosa, che mi applico e spunto via via ogni elemento dalla lista. E invece no. Le mie fantasie rimangono fantasie e le cose da sbrigare rimangono... da sbrigare. Perché alla prima pausa della giornata schizzo in palestra, perché quando termino una traduzione preferisco farmi una passeggiata o provare una ricetta nuova, leggere un libro, guardarmi l'ultima puntata di Sherlock Holmes, uscire a prendermi un caffè alla pasticceria sotto casa (sì, ho una pasticceria sotto casa che fa il miglior caffè al ginseng di Torino: inferno e paradiso insieme!).

Probabilmente mi tornerà la voglia di sbrigare le faccende a inizio autunno, giacché il sole poco si confa ai lavori manuali. Tuttavia, per togliermi il tarlo dalla testa, ecco la mia lista di cose da fare, il manifesto della mia pigrizia.


Il rosone. Ho iniziato bene, ma al pensiero di rimettermi sulla scala a dipingere con la testa all'insù mi prende lo sconforto: troppo forte diventa il desiderio di staccare il rosone dal soffitto e metterlo in orizzontale, visto che non mi piace dover scegliere tra il reggermi alla scala o la precisione del tratto (per la quale ho bisogno di poggiare anche la mano libera al soffitto). Senza contare che c'è anche il lampadario di mezzo...

La porta di ingresso. Sarebbe da scartavetrare prima e poi chissà che cos'altro. Per ora ho acquistato il colore, che è quello nel pallino verso il fondo del barattolo: praticamente un fucsia opaco ("per la camera dei bambini", recita il testo). 

La yucca, ovvero: monta la mensola in cucina. 
Questa è la meravigliosa pianta che mi è stata portata dalla vicina. Per ora continuo a dire che stanno ancora crescendo le radici, ma la verità è che sono già sufficientemente lunghe e che dovrei decidermi a farle degno spazio in cucina. Solo che... dove? Come? Perché, chi e cosa?


Il quadro. Non sono mai stata così indecisa sul punto esatto in cui appendere un quadro e ora diventando quasi una questione esistenziale: "Dimmi dove l'appendi e ti dirò chi sei".


Stesso discorso vale per lo specchio, che tuttora rimane appeso alla cappelliera in entrata.



La vecchia cassettiera. Come decorarla? Si accettano consigli, tenendo conto che i colori predominanti nella stanza al momento sono il rosso e il bianco. 





venerdì 11 aprile 2014

Stanno arrivando...

Stanno arrivando! Cosa? 
  • Il Salone del Libro dall'8 al 12 maggio (e se siete traduttori o lavorate nel settore, conviene far già richiesta di accredito);
  • la mostra dedicata ai preraffaeliti dal 19 aprile al 13 luglio (con l'Ophelia di Millais, uno dei miei quadri preferiti che ero rimasta delusa di non aver ritrovato alla Tate);
  • il Jazz Festival, dal 25 aprile al 1° maggio.
Dimentico qualcosa? Ah sì: ma quanto mi piace vivere a Torino?!



giovedì 3 aprile 2014

A mezz'aria

Ho preso l'autobus per un soffio, riuscendo a infilarmi appena in tempo tra le persone stipate e la porta. Avevo chiesto un'informazione a una signora, e lei aveva iniziato a raccontarmi la sua storia: il marito, il lavoro, il pendolarismo da Torino a Torino... Quando l'ho salutata l'eco della sua voce è rimasta imbrigliata nei miei pensieri. 

Poi ho alzato lo sguardo verso la pancia dell'autobus, e per un attimo ho creduto che quel giorno fossero rimasti imprigionati a mezz'aria i pensieri di tutti. 



lunedì 10 marzo 2014

Storie di non ordinaria gentilezza

19.26 esco di casa di corsa, per arrivare al tabaccaio prima che chiuda
19.28 attendo che il semaforo diventi verde
19.30 il semaforo diventa verde, attraverso la strada e il tabaccaio chiude la serranda

"No no no no no! Scusi... Scusi? C'è ancora qualcuno qui dietro? No, eh? Diamine!"

"Qui, qui", mi intima una signora che sa poco l'italiano e di carnagione scura che, senza rallentare e spingendo un passeggino, mi indica il fondo della via. "Ce n'è un altro."
"Davvero? Aperto fino a quest'ora?". Guarda l'orologio e scuote la testa: "Distributore".
"Ah, no, non devo comprare le sigarette, mi serviva un biglietto dell'autobus". La ringrazio e comincio ad allontanarmi quando sento urlare "Ehi!". Mi volto e la vedo lì, a dieci metri, con un biglietto in mano: "Do io!"
Le porgo 5 euro, ma non ha il resto. "Moneta?", mi chiede. "No, ho solo 70 centesimi" (a Torino un biglietto costa 1,5 euro). Non so come fare, ma lei sorride e dice che va bene, li prende, mi lascia il biglietto e se ne va, ridendo di fronte alla mia faccia costernata.

Lo racconto perché amo la bellezza dei gesti di gratuita gentilezza da parte di sconosciuti (danno vigore alla fiducia che si ha nel mondo), e un po' anche perché di recente mi si dice spesso di stare attenta, ché questo nuovo quartiere dove vivo è pieno di stranieri.

Esopo

lunedì 3 marzo 2014

Altrove

Finalmente ci sono riuscita: ho trovato una casetta tutta per me e piano piano, visto che la sto sistemando e non c'è neppure ancora il collegamento a Internet, mi sto trasferendo. Visto che passo il mio tempo per l'80%  in negozi di bricolage e simili, per il momento posso seguire i vostri blog solo a singhiozzo, ma recupererò. Intanto, ieri son stata graziata da un sole splendido e ho trascorso il pomeriggio sul balcone a fare giardinaggio (se così si può definire...).



 

sabato 8 febbraio 2014

mercoledì 29 gennaio 2014

Ciao, alieno Valery

Se una pennellata è espressione di un linguaggio, quali sono i codici per comprendere il messaggio? Quanto può trasmettere una persona in ciò che dipinge? Quand’io lo faccio, vengo trascinata via talmente in fretta dai colori da decidere, in breve, di abbandonare i soliti strumenti a favore delle dita. In entrambi i casi non raggiungo i risultati che vorrei – spesso soffrendo del distacco tra l’immagine pensata e quella riprodotta, ma cionondimeno vivo l’eterno fallimento con più soddisfazione. Lo faccio poi di rado, perché tanto l’attività mi assorbe e richiede delle mie emozioni da non aver spesso voglia di sentir tutto riaffiorare così prepotentemente verso l’esterno.

Sabato scorso sono andata con un’amica presso la sede dell’Archivio di Stato di Piazzetta Mollino per la mostra intitolata “Dalle avanguardie alla Perestrojka”, che raccoglieva la collezione della Pinacoteca Civica Manege di San Pietroburgo: cento opere tra dipinti ad olio, acquerelli e disegni per la prima volta in visita nel nostro paese. Ingresso gratuito (e per questo sponsorizzata pochissimo, già terminata e aperta solo in orari “da ufficio”, perciò assurdi: in settimana e il sabato mattina fino alle 13).

Dopo un paio di autoritratti, ho cominciato a riflettere su quale possa essere la spinta emotiva alla base della scelta di dipingersi, per poi mostrarsi a un pubblico. O al coraggio che ha colui che si mette di fronte a se stesso e vuol riprodurre la propria immagine, nel bene o nel male. Ci saranno sempre dei difetti che vogliamo celare, pregi da esaltare, imperfezioni da limare, o comunque un’idea del nostro io a cui siamo legati che vorrà dominare sulla realtà nuda e cruda. E si ritorna all’eterno quesito di come poter giudicare cosa è oggettivo, se ogni valutazione viene necessariamente filtrata da una soggettività innata.

Insomma, l’artista è colui che sa mostrare parti di sé così in sintonia con il sentire celato di molti da poter condurre l’osservatore a una più profonda conoscenza di se stesso, svelando il percorso per far riaffiorare al conscio emozioni che, pur presenti, non avrebbero altrimenti avuto un nome. Secondo me, almeno. E allora guardavo quegli occhi, quelle bocche, pensavo, e mi impelagavo in supposizioni e ragionamenti sempre più contorti, rammaricandomi di non avere una conoscenza tale dell’arte da poterne comprendere il linguaggio. Poi però, dietro all’ultimo pannello, in fondo, ecco che mi si presenta questa meraviglia.

Autoritratto, di Valery Konevin
Olio su tela, 75 x 95, 1991

Ed è stato un po’ come sentire parlare una persona in una lingua sconosciuta, ma dai suoni talmente noti da risultare familiare, e amica. Profondamente aliena.

Nei prossimi giorni pubblicherò le foto di qualche altra opera esposta. Una mostra notevole.

giovedì 16 gennaio 2014

Per puro spirito di cortesia

Tra le varie attività che svolge una traduttrice freelance, c'è anche quella di dedicare un po' di tempo, quando può/riesce/ritiene opportuno, a presentare i propri servizi a clienti o agenzie nuove. Un'attività che, di solito, si esplica via email. 

Non è una cosa che mi piace particolarmente, perché se è anche vero che l'email è il mezzo più veloce per trasmettere una comunicazione, è anche tra i più impersonali, e spesso il tutto si perde in un triste copia-incolla delle solite cose. Nel mio caso, cerco di non commettere questo errore e di capire ogni volta se la persona o l'agenzia a cui mi sto rivolgendo rispecchia davvero il tipo di cliente giusto per me, ponendomi domande come: "si tratta di persone affidabili e serie?", ma anche e soprattutto: "con che tipo di testi lavorano?", "potrebbero aver bisogno di una risorsa nelle mie combinazioni linguistiche?", "ho qualcosa da offrire loro?". 

Spesso si perde di vista il fatto che quando ci si propone, si sta semplicemente rendendo nota la propria disponibilità ad offrire un servizio. Ciò che si propone è dunque uno scambio - ad esempio l'offerta di un servizio di traduzione/revisione di testi a fronte di una remunerazione, al fine di soddisfare un bisogno - sempre a titolo esemplificativo, "io voglio lavorare" e "voi ne avete bisogno perché con la mia combinazione linguistica potreste allargare il vostro ventaglio di offerte". Quando una persona ci offre un lavoro, del resto, non è certo per fare un favore a noi.

Detto questo, pur inviando fior di email a diversi potenziali clienti molto mirati, il numero di risposte non corrisponde mai, neanche lontanamente, al numero di email inviate. Tempo fa mi ha infatti rincuorato sentire un'affermata traduttrice letteraria, che lavora nel settore dell'editoria ormai da decenni, ammettere con candore che succede anche a lei. Perciò poco male. 

Però poi c'è il fatto che il 99% di quei pochi che rispondono ti fanno perdere un po' di fiducia nel prossimo, uscendosene con proposte collaborative oscene: prova di revisione non retribuita su 20 cartelle tradotte con software automatico, scheda di lettura non retribuita su un testo da 400 pagine ("una volta superata la prova, la remunerazione che proponiamo è di 30 euro lordi a libro"), prova di scrittura (lo so, questa è più ostica da capire, ma funziona più o meno così: "valuteremo il Suo curriculum come traduttrice solo se scriverà un articolo per il nostro blog") e via discorrendo. 

Rimane l'1%. In questa percentuale non conto solo le risposte positive, ma anche quelle scritte da persone a modo che, per quello che ritengo puro spirito di cortesia, scelgono di usare parte del proprio tempo per inviarti una risposta in cui, senza volerti offrire nessuno scambio totalmente iniquo o sbilanciato, ti comunicano semplicemente che, per il momento o quel che è, non necessitano dei tuoi servizi.

Oggi ho ricevuto un'email di questo tipo, in cui questa persona addirittura si scusava di non essere riuscita a rispondere prima a causa delle feste e della mole di lavoro. Un'email del genere dovrebbe rientrare nella normalità e non destare alcuno stupore, lo sappiamo tutti. Altrettanto vero e doveroso è riconoscere invece che la realtà è diversa: perché un'email è il mezzo più veloce per trasmettere una comunicazione, ma è anche tra i più impersonali e di norma, nei contesti lavorativi, è raro che venga lasciato spazio al lato prettamente umano. 

Così io la ringrazio tantissimo, questa persona sconosciuta che ha speso una manciata di minuti per scrivermi. Ci fossero più persone come lei, saremmo tutti più ricchi. 


domenica 12 gennaio 2014

Ma oggi no

La mattina capita, alle volte, di sentirsi così:

di Andrea Dall'Ara
Ma oggi no, perché - udite udite! - ho deciso di andare in montagna, mettermi due lunghe assicelle elastiche di metallo e materiale sintetico sotto ai piedi e fare quella cosa che si suol indicare col verbo sciare.

Buona domenica!

Categorie: evento-che-per-me-ha-cadenza-pressappoco-triennale; anche-i-traduttori-sciano; io-speriamo-che-me-la-cavo; se-mi-rompo-una-gamba-me-la-sono-anche-andata-a-cercare; wish-me-luck; la-responsabilità-è-soltanto-mia-e-già-che-ci-siamo-mea-culpa-mea-culpa-mea-culpa.

venerdì 3 gennaio 2014

Come comunicare

Come comunicare con Papa Francesco.
Come comunicare con gli angeli.
Come comunicare all'Inps la sospensione della mobilità.
Come comunicare con operatore Tim.

Non so se il completamento automatico mi inorridisca o mi affascini, però ammetto che la tentazione di giocarci tutto il giorno c'è.

giovedì 19 dicembre 2013

Ciao, Biko

Stephen Bantu Biko
Avrei voluto scrivere qualcosa di più e soprattutto farlo ieri, ma tra una consegna e la notizia che domani sarò inaspettatamente in partenza, non ho fatto a tempo.

Perciò il compleanno di Biko lo ricordo con le parole di Nelson Mandela: "They had to kill him to prolong the life of apartheid" e la voce di Peter Gabriel che, non so a voi, ma in questa particolare canzone a me fa sempre venire la pelle d'oca.




Ah, non vorrei dimenticarmene: buon Natale! 
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