Il mio mondo onirico è sempre talmente vivido, presente e ricco che nei periodi in cui non sogno - o comunque non ricordo cosa ho sognato, che è un po' la stessa cosa - so che c'è qualcosa che non va.
In questi giorni invece no: il carosello continuo di immagini e conversazioni ha ripreso.
Beneath the Surface: Fish, di Erik Johansson |
Eppure le sensazioni, i colori, i visi sono completamente mutati. Se prima ero ben consapevole di un'atmosfera a metà tra il grottesco e il surrealismo, con case labirintiche, alberi dalla chioma a palloncino e presenze quasi inquietanti per il grado di stranezza con cui si presentavano (per cui comunque provavo quell'affezione che chiunque sente per una parte di se stesso), ora sembra essersi insinuata una sfumatura piuttosto dolce, ma forse troppo reale.
Ieri sostenevo una conversazione con un ragazzo, ma priva di parole. Era più una questione di suoni, sguardi e sorrisi ironici e un po' salaci. Poi mi dava un libro che accettavo con diffidenza e, mentre si allontanava, vi trovavo dentro un biglietto, scritto con grafia perfetta e ordinata. Una cosa talmente dolce che non ho fatto in tempo a leggerla che mi sono svegliata.
Stanotte invece, per la seconda volta, ho sognato di dover dire una cosa a mia nonna. Ero estremamente felice, ma poi mi ricordavo che è mancata. Di recente, pensavo. Poi subito: No, sono trascorsi già tre anni. Recente è il mio dolore. Poi ecco, il paradosso: come fa a non esserci più, se ne sento così forte la presenza? Poi mi sveglio, e non mi sembra vero niente.