Penso, traduco, scrivo, dubito, studio, traduco, controllo, rileggo, correggo, verifico, valuto, domando, testo, traduco, revisiono, revisiono di nuovo, revisiono ancora, dormo e penso "forse sarebbe meglio controllare quella preposizione" prima di prendere sonno, preparo il pranzo, dubito, traduco, rileggo, mi distraggo, scrivo, rileggo, consegno.
Ogni volta l'iter è lo stesso, quale che sia il testo da tradurre. Ogni volta però l'argomento cambia, se non del tutto, quel tanto che basta a renderlo completamente diverso da quello appena tradotto o da quello che tradurrò domani. Cosa mi piace di questo lavoro? Il poter lavorare con la lingua, l'imparare continuamente cose nuove - ovvero le cose più scontate. Eppure ci sono anche aspetti ulteriori.
1. Non c'è mai un lavoro facile.
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Può essere un argomento ormai conosciuto ed esplorato, sì. Magari è il quarto testo di fila su un dispositivo di stampaggio di materie plastiche e molti termini ormai li conosci, eppure c'è sempre quella specifica frase che ti tiene inchiodato per un paio d'ore solo perché il soggetto è al singolare e il verbo al plurale. Perché? Un refuso o un errore intenzionale? Magari una struttura diversa richiesta dalla lingua per quel determinato contesto? Qual era l'intenzione? Il paragrafo ha un senso? Perché per metà del testo questo elemento lo chiama tamburo e poi lo chiama bassina? E quest'altro termine che non esiste da nessuna parte, cosa mi rappresenta, un refuso o un neologismo? Ci sono sempre enigmi appassionanti da risolvere.
Tempo fa una collega mi diceva che per lei tradurre è un gioco, oltre che un lavoro, perché è una sfida con se stessi e con due o più lingue che si amano. Sedersi alla scrivania e accendere il computer la mattina equivale all'inizio di un'avventura straordinaria di ricerca e indagine che, tanto si sa, verrà sempre coronata da un successo. "Se devi trovare una soluzione, la trovi", mi diceva, "e un traduttore deve trovarla. Sempre".
2. La data di consegna.
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3. I colleghi.
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Ancora mi commuovo se ripenso a una sera in cui, in preda alla più profonda stanchezza, ché quasi mi sembrava di vedere doppio, per un attimo ho creduto d'aver tradotto il file sbagliato (erano due consegne a distanza di un giorno e l'unico elemento che le contraddistingueva, contenuto a parte, era una cifra nel nome del file). Avevo esternato il dubbio a una collega e, mentre recuperavo l'email del cliente, le avevo scritto: Se li ho confusi, mi farò la nottata. La risposta? Non ti preoccupare, nel caso faccio la nottata con te e ti do una mano.
No, non avevo sbagliato, però quella risposta per me è stata preziosa: se sai di avere alle spalle tanto sostegno, chi ti ferma più? Non ho mai trovato tanta collaborazione in altri ambienti, né tanta voglia di partecipare e condividere.
Forse è perché comprendi sin dall'inizio che questo lavoro è basato sul dubbio e la curiosità, sul non dare mai nulla per scontato, così come sulla necessità di doversi sempre confrontare. È tuttavia un confronto che non deve mai esaurirsi soltanto con chi ne sa più di te, ma svilupparsi anche e soprattutto con chi sembra saperne di meno, perché non puoi neanche immaginare, a priori, chi metterà in forse le tue ragioni o le tue certezze e che, nel farlo, ti fornirà la chiave per la soluzione. O le soluzioni, ça va sans dire...