mercoledì 1 maggio 2013

Torino: la Crocetta, il quartiere dell'assenza

Qualche settimana fa mi sono svegliata col nervoso e il cruccio addosso: ho svogliatamente fatto colazione, mi sono svogliatamente vestita, sono svogliatamente uscita di casa e mi sono svogliatamente diretta a un appuntamento di lavoro molto importante. Sarà forse palese, ma la sua importanza era direttamente proporzionale al mio malumore. Insomma, facevo i capricci. 

Questo incontro comunque si teneva alla Crocetta, un quartiere che fino a un anno fa non avevo mai tenuto molto in considerazione, anche se pure Wikipedia ne parla come di "una delle zone residenziali di maggior prestigio". Prima di un anno fa infatti avevo avuto contatto con quelle vie solo per quattro occorrenze: 

- in uno dei suoi libri mio nonno descriveva con affetto uno di quei corsi, dove con un amico aveva l'abitudine di andare a passeggiare (e io  amavo immaginarlo lì, a camminare e filosofeggiare in compagnia e, chissà perché, coi colori del crepuscolo e dell'autunno); 
- un'amica mi aveva parlato del suo mitologico mercato, dove tra gli oggetti carissimi, se uno aveva occhio, era possibile trovare roba di marca a prezzi stracciati; 
- ero già andata due o tre volte a visitare la Galleria d'Arte Moderna, che vi troneggia quieta, con la scultura di un albero sospeso a mezz'aria davanti alle sue porte; 
- una volta mi ero recata al Circolo della Stampa ad ascoltare un concerto di musica classica mal eseguito (e il fatto che me ne sia accorta io la dice lunga).

Insomma, un anno fa, complice un'amica che aveva iniziato a lavorare alla GAM, mi ero ritrovata a gironzolare lì attorno diverse volte, in attesa dell'orario di chiusura, e avevo deciso che un giorno mi sarei trasferita in via Magenta, della quale mi ero innamorata. In questo frangente non è importante sapere se ce lo si può permettere o meno, ma piuttosto l'aspetto decisionale della cosa. Chiaramente.

Qualche settimana fa, dicevo, sono giunta all'incontro con una nuvola nera addosso e, una volta terminato il fattaccio, eccomi lì, sul marciapiede fuori da un edificio bellissimo, a non sapere granché cosa fare. Era un'ora fessa, di quelle che tagliano a metà la mattinata. Tornare subito a casa e mettersi a lavorare era fuori discussione e così ne ho approfittato per esplorare più a fondo la zona. 

Punto sempre l'attenzione sull'aspetto decisionale, perché è l'unica cosa che mi salva: volevo sì visitare la zona ma, pur avendo camminato in lungo e in largo per un paio d'ore, mi sono accorta a posteriori di non essere forse andata oltre quattro o cinque isolati. Mi sentivo estasiata da tutto, contenta di un sole tiepido dopo giorni di pioggia, mi sentivo Marcovaldo che trova un fungo in mezzo al grigiore urbano, mi sentivo... sul set di Vanilla Sky. In giro non c'era un'anima, ma solo scheletri di villette, alberi nodosi e grigi o dai rami dritti puntati fitti fitti verso il cielo, persiane abbassate. Solo il mercato pullulava di vita, ma in quel contesto aveva l'aria di un alveare in mezzo al deserto. 

Camminavo in mezzo alle vie senza badare a nulla, godendomi l'inconsueta libertà dell'assenza del mondo e del quasi completo silenzio attorno. Nessuna macchina, solo rumori lontani e, ogni tanto, un altro essere umano che, nell'incrocio di sguardi, sembrava essere stato colto sul fatto di esserci, lì e in quel momento, come per errore, come una lepre di fronte ai fari di un'auto. 

Così mi sono scattata una fotografia. Giusto per ricordarmi di esserci ancora anch'io.


7 commenti:

  1. Ma che bel post(o)! E' andato bene l'appuntamento?

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  2. Crocetta ce l'avrò sempre nel cuore perché lì c'è la prima casa che ho abitato a Torino! Il mio primo anno nel mio minuscolo monolocale! Ricordo che quando tornavo dai miei dicevo che i mercati a Torino sono carissimi, non sapevo nemmeno che abitavo un una zona "in" e che anche il mercato si fosse organizzato di conseguenza con i prezzi!

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    Risposte
    1. Ti piaceva come quartiere in cui vivere?

      Comunque c'è questa leggenda metropolitana che gira da quando ho 15 anni e che narra di una bancarella convenientissima che in quel mercato vende capi di marca rubati. Dovresti quindi rovistare con l'occhio guardingo per cercare quell'unico banco dove al collo di ogni vestito l'etichetta è stata misteriosamente tagliata.

      Io ci ho fatto un giro solo quella volta e tanto mi basta, pure i libri mi sembravano più cari che in libreria :)

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    2. Era un bellissimo quartiere in cui vivere ma con un bimbo è decisamente meglio dove sono ora!
      Per quanto riguarda lo shopping al mercato, a Soverato io e Cri ci siamo imbattuti in una bancarella con i vestiti muniti di antitaccheggio che al momento dell'acquisto venivano tolti con le pinze!

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